È stata la domenica degli autogol. Il sindaco Beppe Sala, che non ha mai fatto mistero della sua fede nerazzurra, sicuramente alla deviazione di Federico Gatti avrà avuto un sussulto d’orgoglio (eufemismo). Poi ha dovuto fare i conti, tra un’esultanza e l’altra per la sua Inter, con il suo di autogol, quello che il primo cittadino di Milano si è fatto, si fa, da quando è alla guida della città con quel secondo mandato, conquistato con una campagna elettorale tra una promessa e l’altra di un’amministrazione all’insegna della condivisione delle decisioni.
Una narrazione smascherata dai «suoi» vigili urbani che hanno indetto l’ennesimo sciopero – barra – assemblea sindacale, dalle ore sedici alle ore ventiquattro nel giorno di Inter-Juventus. Per intenderci la sfida scudetto. Per capirci la partita che ha fatto registrare il secondo incasso di sempre nella storia della serie A. Semplicemente il derby d’Italia. Sulla protesta dei ghisa e sulle ragioni che la portano avanti ci si potrebbe dilungare. Diritto allo sciopero inalienabile, per carità, ma la precettazione vale solo per la prima della Scala, per Ambrogini e amenità varie, quando le passerelle si sprecano assieme alle divise con i lustrini. Se si parla di Scala del calcio e c’è da lavorare è diverso. Arrivare a San Siro è stata un’impresa, anche per i pullman delle squadre, agevolata solo dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri, chiamati a dirigere il traffico. Ecco la sorpresa. L’hanno fatto anche meglio di chi lo fa per mestiere. O forse lo faceva. Perché ora la parola d’ordine è: multa, multa, multa. Parcheggi e strisce blu. A lavoratori e turisti. Doppi, tripli passaggi (perché ora per la stessa infrazione la contravvenzione può essere raddoppiata) manco fossero replicanti di un Calhanoglu qualunque. E i vigili in assemblea? Magari con un occhio alla partita. E a mezzanotte tutti a casa, mentre carabinieri e poliziotti erano alle prese con bombe carta e cinquanta cristiani da «daspare». Avanti così. Fino al prossimo autogol. Alla prossima multa.