“Squallido spettacolo, canzoni di me…”. L’affondo di Gino Paoli su Sanremo

"Squallido spettacolo, canzoni di me...". L'affondo di Gino Paoli su Sanremo

Da parte di Gino Paoli arriva una durissima stoccata all’indirizzo del Festival di Sanremo. Un’uscita che certamente troverà d’accordo i nostalgici delle edizioni del passato e che allo stesso tempo riscontrerà pareri negativi da chi invece apprezza il nuovo corso imboccato a partire dall’era targata Amadeus. Il cantautore, intervenuto ai microfoni del podcast Tintoria, non ha usato mezzi termini e ha sganciato una bordata al veleno nei confronti di quella che dal suo punto di vista è una deriva tutt’altro che positiva.

Paoli ha rivelato di non guardare il Festival di Sanremo, accusato di essere una ripetizione di qualsiasi spettacolo televisivo. È scattato in automatico un paragone tra lo stato attuale e le origini della kermesse della musica italiana: “Prima era il Festival della canzone, della canzone e basta, non era neanche importante chi la cantasse“. Dito puntato contro le case discografiche, a cui ha imputato la colpa di essersi accorte del potere rituale del Festival per l’Italia e di fare il prodotto finito nelle speranza che abbia una promozione: “Da lì la televisione si accorge che lo spettacolo di Sanremo funziona (arriva non solo in Italia ma anche fuori), e allora si appropria di Sanremo e lo fa diventare lo squallido spettacolo che è adesso“.

Il cantautore ha dichiarato che ora “c’è un po’ di tutto, nani e ballerine” e che i riflettori sono puntati verso gli scandali che, ha aggiunto, generano il pretesto per farne parlare. Inoltre Paoli ha voluto porre l’attenzione sul fatto che in passato le canzoni venivano scelte potendo contare su filtri talmente importanti “che la canzone di me… non arrivava a Sanremo“. Da qui si è voluto sbilanciare con un paradosso che quantifica bene le sue considerazioni negative sulla nuova via del Festival: “Invece adesso ci arrivano soprattutto quelle di me…“.

Non solo la sparata a zero: Gino Paoli si è poi soffermato anche sul Festival del 1967, quello tristemente celebre per la morte di Luigi Tenco. “Dalla era nella stanza di fianco, è stato uno dei primi che se n’è accorto, che ha sentito. E, dopo, aveva la canzone che si chiamava ‘Bisogna saper perdere’. Se c’ero io, a Sanremo si fermava tutto perché se in un’officina o in una fabbrica muore un operaio, si ferma tutto. Noi facevamo un mestiere e il mestiere va rispettato“, ha affermato.

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