Le elezioni europee si avvicinano e finalmente il Partito democratico – dopo aver passato mesi di difficoltà tra batoste elettorali, sondaggi negativi, spaccature interne e difficoltà di leadership da parte di Elly Schlein – ha finalmente deciso di puntare su una storica battaglia di sinistra con l’obiettivo di catalizzare di nuovo l’attenzione (e magari le preferenze) dell’elettorato rosso deluso. L’ultima crociata del Pd? Cambiare nome alle istituzioni, in particolar modo alla Camera. Ovviamente sempre nel segno di quell’inclusività che, non si capisce bene in quale modo, dovrebbe portare a termine un processo di uguaglianza tra i generi.
La crociata del Pd alla Camera
Ormai quotidianamente i dem sbuffano contro il governo, affidando a comunicati stampa e a uscite televisive le critiche nei confronti del governo guidato da Giorgia Meloni accusato di non occuparsi delle reali priorità che stanno attanagliando il nostro Paese. Mettendo da parte la necessità di una ritrovata memoria per ricordare al Pd di aver governato l’Italia negli ultimi anni, la domanda sorge spontanea: allora quali lotte sta portando avanti il Partito democratico in Parlamento? Si sta focalizzando esclusivamente sulle vere esigenze per andare incontro alle istanze degli italiani?
Basta fare una rapida ricerca su un motore di ricerca, recarsi sul sito della Camera dei deputati e con attenzione sfogliare i Progetti di Legge che sono stati presentati nel corso dell’attività legislativa. Nella sezione dedicata, spulciando tra i vari documenti, non sfugge di certo all’attenzione la proposta di legge costituzionale su iniziativa di Gian Antonio Girelli e Sara Ferrari. L’intento del testo? Modificare la denominazione della Camera dei deputati in “Camera delle deputate e dei deputati”. Si tratta di una proposta di legge costituzionale la cui presentazione risale al 31 gennaio 2024.
Il Pd non è nuovo a idee del genere, visto che da tempo agisce con il chiodo fisso di modificare la lingua italiana per rispettare le diversità. Ma un elogio ai dem va riservato: vanno ringraziati per averci risparmiato la follia della schwa (ə) e dell’asterisco. Al di là dell’ironia, resta comunque un fatto scolpito sulla pietra: il Partito democratico non si arrende e non ha alcuna volontà di lasciare per strada battaglie di questo tipo. Anzi, le rilancia in vista delle elezioni europee. Regalando praterie al Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che, approfittando delle sgangherate strategie dello schieramento di Elly Schlein, proverà a sottrarre voti dal bacino elettorale dem.
Lo sconcerto delle deputate di FdI
E così ilGiornale.it ha interpellato due deputate di Fratelli d’Italia sulla proposta che arriva dal Pd. Cosa ne pensano due donne? Si sentono davvero discriminate perché allo stato attuale Montecitorio ha la denominazione “Camera dei deputati”? Per Grazia Di Maggio con il termine “deputati” si racchiudono anche tutte le deputate “che non hanno bisogno di queste modifiche o puntualizzazioni per sentirsi accolte, valorizzate e degne di quel ruolo”. Per l’esponente di FdI il tema della parità di genere andrebbe preso di petto in maniera seria. “Capiamo che questa sia una battaglia cara al Pd che non riesce a mettere sul tavolo proposte costruttive e che realmente incidono sulla vita delle italiane e degli italiani. Ma è davvero solo questo l’apporto che, da opposizione, sanno dare al dibattito politico?”, ha aggiunto.
Altrettanto dura la presa di posizione di Alessia Ambrosi, che ha messo nel mirino l’ennesima battaglia puramente nominalistica di una certa sinistra: “Per quanto mi riguarda, preferisco definirmi deputata e non deputato, ma se qualcuno mi dovesse chiamare deputato non ne farei di certo un dramma”. Tra l’altro per la parlamentare di Fratelli d’Italia sarebbe opportuno lasciare al maschile i plurali per evitare lungaggini prive di senso. “Noi guardiamo alle cose concrete e per noi le priorità sono ben altre. Occupiamoci piuttosto che la Camera funzioni sempre meglio nell’interesse degli italiani”, ha concluso Ambrosi.