Poi arriva lei e tanti saluti a tutti. Per carità, Loredana Bertè non avrà la canzone che domina le classifiche ma di sicuro domina le passioni e difatti ieri sera, nelle ultime prove generali del Festival di Sanremo, è stata l’unica a prendersi una standing ovation. L’unica su trenta esibizioni. La canzone si intitola Pazza, e lei era pazza di gioia perché qui le interessa soprattutto godersi un’altra volta la corrispondenza di amorosi sensi con il pubblico.
Dopotutto, specialmente nell’epoca in cui il pop è filtrato, segmentato, spillolato a uso social, è importante capire l’effetto che fa suonare e cantare per davvero in mezzo a una orchestra, dentro il teatro più famoso della canzone italiana. Molti ce la fanno, qualcuno no. Ad esempio Rose Villain, con tutto il rispetto, può cantare versi forti come «Sei capace di trasformare il male in musica» oppure «per me l’amore è come un proiettile» ma sul palco è ancora debole nel senso che le mancano il carisma e quella «cazzimma» che ti serve per prendere a sberle emotive il pubblico. Insomma il suo brano Click boom! funzionerà nella modalità succitata (quella filtrata, segmentata, spillolata ecc), si farà un bel giro in radio ma poi è assai probabile che finisca fuori pista. Difficile che accada ad Angelina Mango, e non solo perché il suo brano, che è una cumbia liberatoria, scatena un’energia quasi primitiva. Angelina Mango sul palco ci sa stare, cosa che o ce l’hai oppure no, nessuno te la insegna e vedrete che La noia arriverà quantomeno nella cinquina finale. E così anche i ragazzi del Volo fanno il next step, il passo che li sposta dalla confort zone del bel canto a quella del pop puro. Sul palco ci sanno stare e con Capolavoro si giocano la golden share per rientrare nel giro delle classifiche. In fondo, forse più che in altre edizioni, questo è un Sanremo «prêt-à-porter» nel senso che è pronto per esser indossato a seconda delle necessità.
Ad esempio i Negramaro non hanno bisogno di rientrare in nessuna classifica perché non ne escono da mai. Partecipando a questo Sanremo vogliono soprattutto celebrare due decenni di musica con il «pezzo perfetto», quello che su disco è da 9 ma sul palco arriva a 10 perché c’è tutto, l’intensità, la costruzione armonica, il virtuosismo vocale e pure la sinergia con l’orchestra che entra potente. Musicalmente hanno vinto loro, poi vedremo. Anche i The Kolors hanno centrato l’obiettivo perché Un ragazzo una ragazza è un tormentone fatto e finito, anzi di più: questi tre ragazzi suonano pure bene, sono quasi metronomi tanto sono precisi sul palco e poi c’è Stash che ha acquisito nella voce più sensualità pop. Idem per Mahmood, che ha forse una esibizione più forte della canzone (quanto è cresciuto vocalmente) ma è «dressed to kill», ossia punta dritto all’obiettivo, che è quello di stupire. Ci riuscirà. Se l’obiettivo è stupire, Clara lo raggiunge con Diamanti grezzi che non è un pezzo memorabile e forse lei sul palco lo «bofonchia» pure un po’, ma ha ritmo e funziona. Discorso diverso per Big Mama, al secolo Marianna Mammone da San Michele di Serino provincia di Avellino, anni 23, che si riassume in La rabbia non ti basta e ha il pregio di scandire bene le parole, mica poco: «Lo sai che a casa non devon sapere, cosa dovrai dire, una figlia che perde chi la vuole avere, quindi apri ferite, vorresti solo un altro corpo». Brano attualissimo che susciterà ancor più «dibattito» di quello già iniziato e che lei affronta con un vestito elegante, poco da rapper e molto più da ragazza elegante che vuole finalmente confessarsi.
Chi è obiettivamente inattaccabile a questo giro è Annalisa, sin da titolo della canzone che è Sinceramente, una parola buona per tutti gli usi e spesso pure strausata. Questo è un brano nel quale Annalisa si trova a casa e che interpreta come poche altre, praticamente a livello internazionale. Se c’è un candidato in pectore all’Eurovision è proprio lei, vedremo. Invece al premio della critica potrebbe mirare Fiorella Mannoia, che qualcuno ha ribattezzato Mannoia City Ramblers dopo l’interpretazione nelle prove del suo brano Mariposa (sul palco avrà anche un telo con il titolo del brano stampato sopra). Il tessuto musicale non è proprio innovativo, ma la forza dell’intepretazione vicina a De André la rende al momento l’unica che può sottrarre alla Bertè il premio Mia Martini.
Anche questa è una sorta di gara nella gara. Si piazzano bene, e qui si parla di gradimento, anche i Santi Francesi, il cui cantante Alessandro De Santis è già nel ruolo di sex symbol festivaliero, e anche Irama che sul palco è un portento. Ci sono artisti che rendono più dal vivo che su disco e forse è il suo caso: Tu no prende mille punti cantata sul palco e, senza dubbio, la cover di venerdì sera con Riccardo Cocciante, molto vicino per intensità vocale, lo candida di diritto alla cinquina finale.
L’anno scorso c’era entrato anche Mr. Rain, che questa sera si presenterà in scena con Due altalene proprio come il titolo del suo pezzo che non è convincente come quello dello scorso anno. Poi ci sono il volatile Fred De Palma, il deludente Dargen D’Amico, il Gazzelle un po’ evanescente e i sovrastimati Bnkr44 e La Sad prima di chiudere con due brani che cambiano sul palco. Alfa con Vai! è più coinvolgente che su disco, anche Emma è tornata naturale nella tinta di capelli e nell’attutidine al canto mentre Geolier paga ancora un po’ di emozione. Ma erano solo le prove generali. Da stasera si fa sul serio.