“Più detenuti liberi e il ritiro di Israele”. Hamas alza la posta e rifiuta la tregua

Cari "pacifisti", nelle petizioni contro Israele e ai concerti ricordate lo statuto di Hamas

Nessun accordo. Hamas non ha dato risposta ieri sera alla proposta di tregua e rilascio degli ostaggi elaborata nei giorni scorsi a Parigi con la mediazione di Egitto e Qatar. Secondo Channel 12, in particolare, il leader di Hamas da Gaza, Yahya Sinwar, chiederà solide garanzie per la fine della guerra e il ritiro delle truppe israeliane, ma è già noto che lo Stato ebraico non ha intenzione di accettare. Hamas inoltre vorrebbe, secondo fonti citate dal media saudita Al-Arabiya, un maggior numero di detenuti palestinesi da liberare. Ma ieri è stato molto netto anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. «Voglio essere chiaro riguardo alla nostra politica: l’obiettivo essenziale è innanzitutto l’eliminazione di Hamas». Netanyahu ha posto poi tre condizioni: la distruzione dei restanti battaglioni di Hamas, di cui 17 su 24 sono stati sconfitti; operazioni di rastrellamento, che l’esercito starebbe attuando con raid nel Nord e nel centro della Striscia e la neutralizzazione della rete di tunnel di Hamas, «che richiede più tempo». Il capo del governo ha infine sottolineato che non porrà fine alla guerra finché tutti i suoi obiettivi non saranno raggiunti, compresi «il ritorno di tutti gli ostaggi e la garanzia che Gaza non rappresenterà mai più una minaccia per Israele». Per quanto riguarda un potenziale accordo sui rapiti, Netanyahu ha tenuto a sottolineare: «Non accetteremo qualunque accordo e a qualunque prezzo».

Ma le frizioni all’interno del governo non mancano. Itamar Ben-Gvir, il ministro israeliano per la Sicurezza e leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit (Potere ebraico) ha concesso un’intervista al Wall Street Journal, dove ha criticato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, e ha sostenuto che Donald Trump sarebbe meglio per Israele. Ha poi spiegato il suo piano di ricollocamento dei palestinesi di Gaza e ha osservato che incoraggiare gli abitanti di Gaza a migrare volontariamente in luoghi di tutto il mondo attraverso incentivi finanziari è «la vera soluzione umanitaria».

Non sono tardate le tensioni dopo queste dichiarazioni. Benny Gantz, il leader centrista membro del gabinetto di guerra, ha fortemente criticato Ben-Gvir per aver attaccato Biden. Gantz ha poi invitato Netanyahu a «richiamare all’ordine» Ben-Gvir. Anche il leader dell’opposizione Yair Lapid ha criticato il ministro della Sicurezza nazionale. Mentre Netanyahu ha chiosato: «Apprezziamo profondamente il sostegno che abbiamo ricevuto dall’amministrazione Biden. Prenderemo le nostre decisioni da soli, anche nei casi in cui non c’è accordo con i nostri amici americani». Tel Aviv sta attraversando momenti complicati. È imminente la visita del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, in Medio Oriente. Blinken è in viaggio verso la regione per una missione che includerà tappe in Israele, Egitto, Qatar, Arabia Saudita e Cisgiordania.

La scia di violenza però va avanti. È di almeno 15 morti e 45 feriti il bilancio di raid israeliani che a Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza, hanno colpito una casa e una moschea, tra i colpiti ci sono anche bambini. Mentre almeno due ragazzine sono state uccise durante la notte di ieri in un attacco israeliano contro un asilo a Rafah, nel sud di Gaza, dove si rifugiano gli sfollati. Le preoccupazioni per una potenziale incursione di terra israeliana nella città al confine meridionale sono aumentate negli ultimi giorni e centinaia di migliaia di sfollati cercano rifugio dai combattimenti in accampamenti di fortuna. E l’orrore continua: il ministero della Sanità di Gaza ha fatto sapere che almeno 92 persone sono state uccise nei raid di Israele su tutta la Striscia durante la notte di domenica.

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