Nella domenica dei popcorn davanti alla tv, per il Milan c’è un inquietante interrogativo cui dare una risposta attendibile e convincente. Cosa succede a Mike Maignan? Il suo rendimento, nella stagione, e siamo alla puntata n. 23 del campionato, è nettamente al di sotto del suo standard, scandito da prodezze ripetute e da una feroce concentrazione. I primi segnali furono avvertiti già nel torneo intitolato a Silvio Berlusconi, 8 agosto, a Monza (gol di Colpani) ma quell’episodio ha avuto poi un seguito che è diventato una sequenza preoccupante da Udine in poi. In Friuli la sua disattenzione passò sotto il segno dello choc provocato dagli insulti e ululati della curva friulana, poi col Bologna qualche altro intervento critico e a Frosinone il terzo indizio che di solito dovrebbe corrispondere a una prova.
Cosa succede a Mike Maignan? Dallo staff di Pioli le risposte sono rassicuranti. «È tranquillo e sereno dopo il fattaccio di Udine» ripetono. Di sicuro non è il portierone para-tutto svelatosi come la fortuna del Milan dopo la partenza del figliol prodigo Donnarumma. Può darsi che ci sia, sotto sotto, una questione psicologica legata anche al rinnovo contrattuale che non decolla per evidenti motivi (8 milioni richiesti, cifra ritenuta eccessiva dal club) economici ma è solo un sospetto che mal si concilia con la figura del professionista esemplare. Di sicuro questa versione di Maignan offre un contributo vizioso al numero dei gol subiti (27 in 23 turni) che rappresenta il vero nervo scoperto di tutto il Milan. Accanto a questi numeri preoccupanti, brillano altri di segno opposto e che portano il nome di Luka Jovic, centravanti arrivato l’ultimo giorno del mercato estivo, considerato dai più una sorta di toppa peggiore del buco, criticato ferocemente dopo le prime apparizioni e adesso autore di 5 (più 2 in coppa Italia) gol in appena 550 minuti, che sono una media da record o quasi. Tra l’altro non partendo dall’inizio (con la Fiorentina dove mancò un gol facile facile) e molto subentrando dalla panchina come una specie di vitamina per l’attacco, a Bergamo (gol del 2 a 2 con l’Atalanta), a Udine (idem come sopra) e a Frosinone (gol del 3 a 2). Qui, bisogna riconoscerlo, c’è di mezzo la fiducia di Stefano Pioli che ne ha valutato il talento e ha atteso che tornasse a un livello decente di condizione fisica prima di spendersi in qualche giudizio favorevole. Lui, Jovic, di quelli che parlano poco e puntano a fare, non si è perso d’animo anche perché inseguito dall’insoddisfazione di Firenze e di Madrid (fonte Real). È come se avesse riacquistato la propria identità, merito anche del calcio offensivo di Pioli e del Milan che procurano, a chi sa vivere nella boscaglia dell’area di rigore, occasioni da sfruttare al volo. Così dal mancato sostituto di Giroud (11 centri, altra conferma di uno stato brillante a dispetto dell’età), si è passati adesso alla richiesta di rinnovo contrattuale e all’invocazione di segno opposto («ma quando giocherà titolare?»). E non c’è mica da meravigliarsi: è il calcio italiano, bellezza.