Esce il film sui misteri di Abu Omar, l’imam rapito a Milano e portato in Egitto

Esce il film sui misteri di Abu Omar, l'imam rapito a Milano e portato in Egitto

Vent’anni e cinque processi non sono riusciti a spiegare per intero come sia potuto accadere che nell’Italia del 2003 un uomo venisse rapito dalla Cia come in una repubblica delle banane, caricato su un jet e consegnato agli aguzzini delle carceri egiziane. Il marmo del segreto di Stato, confermato da governi di sinistra, di destra e di centro, continua a impedire che il sequestro di Abu Omar, imam della moschea milanese di via Quaranta, possa venire considerato un caso risolto. Il segreto di Stato (il primo a imporlo, giova ricordarlo, fu Romano Prodi) rende ancora impossibile rispondere alla domanda cruciale: quale fu il ruolo dei servizi segreti italiani? Collaborarono con gli americani, si opposero, si fecero i fatti loro? E il governo, di tutto questo, cosa sapeva?

Da oggi e per tre giorni va nelle sale cinematografiche Ghost Detainee, il documentario che Marina Loi e Flavia Triggiani con la consulenza del reporter del Giornale che scrive questo articolo hanno realizzato per la Ilbe, e che andrà poi in chiaro su La7. È un lavoro accurato e appassionato, che si muove in una vicenda in cui politica e giustizia si incrociano su un terreno scivoloso. Perché Abu Omar fu una vittima, ma non una vittima innocente. L’imam era un integralista islamico, un reclutatore di combattenti per Al Qaeda che la giustizia italiana dopo il suo rapimento condannerà con sentenza definitiva. Il suo sequestro venne realizzato dalla Cia (alquanto maldestramente, peraltro) nell’ambito della reazione americana all’attacco alle Torri Gemelle: reazione che comprendeva la guerra sporca degli 007, le extraordinary rendition, ovvero i sequestri qua e là per il mondo di presunti jihadisti. Fu una prassi che costringe a chiedersi fin dove uno Stato democratico si possa spingere nella lotta al terrorismo; quanto le regole dello Stato di diritto possano venire forzate o violate.

In Ghost detainee ci sono molte voci: pm come Armando Spataro e Stefano Dambruoso, ex capi dei servizi segreti come Franco Gabrielli, vecchi 007 come Umberto Saccone. Poi ci sono le voci dei due protagonisti assoluti del caso. La vittima, Abu Omar, invecchiato e malconcio nella sua casa di Alessandria d’Egitto. E poi, per la prima volta, l’uomo che la Procura di Milano ha indicato come il più alto in grado dei colpevoli italiani: Niccolò Pollari, potente generale della Guardia di finanza e all’epoca del sequestro direttore – ancor più potente – del Sismi, il servizio segreto. Le accuse di Abu Omar agli Stati Uniti e all’Italia, che l’imam considera parimenti responsabili del suo rapimento, sono vibranti. Ma altrettanto vibrante è la rivendicazione di innocenza di Pollari. A chi dice che solo il segreto di Stato gli ha permesso di non venire condannato, Pollari ribatte che è vero il contrario: il segreto di Stato, dice, mi ha impedito di difendermi. Se il governo, uno qualunque, avesse rimosso il segreto, io avrei potuto dimostrare che da parte del Sismi non ci fu né consenso né collaborazione.

Saranno ora gli spettatori a decidere cosa suoni per loro più convincente: il j’accuse perentorio di Spataro, l’autodifesa di Pollari. Ricordando che, comunque sia andato, il sequestro fu un «affare di Stato» in cui l’Italia scelse di tutelare l’alleato americano. Fu Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, a graziare il 5 aprile 2013 il primo degli imputati americani, il colonnello Joseph Romano: Napolitano due mesi prima era stato a Washington, a incontrare Barack Obama, e degli accordi presi allora tra i due presidenti faceva parte integrante il salvataggio degli agenti Cia coinvolti nel rapimento. Sergio Mattarella, quando è stato il suo turno, ha proseguito sulla stessa strada, graziando («per equità col trattamento di Romano», fu la divertente motivazione ufficiale) altri 007 americani condannati per sequestro di persona: come Bob Lady, capocentro Cia a Milano, e la sua vice Sabrina de Sousa, indicata da alcuni testimoni come la vera anima della extraordinary rendition.

Leave a comment

Your email address will not be published.