Basta criminalizzare il maschio bianco

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Direttore Feltri,

sono mamma di due figli maschi, adolescenti e in qualche modo vittime di una mentalità dominante che considera il maschio bianco una sorta di criminale, persecutore, molestatore, assassino, figlio del patriarcato che albergherebbe in Italia. Avverto che i miei ragazzi, anche a causa di ciò che sentono a scuola e seguendo la tv, stanno sviluppando l’idea di essere sbagliati e di essere ritenuti mascalzoni per il solo fatto di essere nati di genere maschile. Poi leggo di certi fatti, crimini terribili compiuti da extracomunitari, come lo stupro di gruppo avvenuto a Catania ad opera di un gruppo di giovani egiziani ai danni di una tredicenne, e mi rendo conto che stiamo compiendo un grosso errore: ad avere in odio le donne non sono i nostri uomini italiani ma sono gli uomini che importiamo in massa dall’Africa. So che affermare certe cose mi può costare l’accusa di razzismo, ma non mi offendo né mi preoccupo, io non sono una razzista, sono una donna che osserva e che vive nella realtà. Sbaglio?

Angelica Di Giacomo

Cara Angelica,

sono pienamente d’accordo con te. Io non credo che in Italia sia vigente il patriarcato o che sia dominante la cultura dello stupro, della violenza, della sopraffazione della donna. Questo è quello di cui intende convincerci una ideologia progressista che solo fintamente è femminista e che di fatto è a favore della cancellazione dei generi per produrre una società piatta, spersonalizzata, omogeneizzata, senza differenze, nonostante le differenze siano ricchezza, una società gender, – così si dice, giusto? -, in cui le persone non sono né uomini né donne, né maschi né femmine, non hanno preferenze sessuali, non si definiscono in quanto non sono, in quanto sono niente, in cui il padre diventa «genitore 1» e la madre «genitore 2» o viceversa. La criminalizzazione del genere maschile, di nazionalità italiana, o comunque bianco, è funzionale a questo scopo. Tale processo mira alla distruzione del sesso un tempo chiamato «forte». Nelle ultime settimane, o mesi, ho assistito con costernazione e preoccupazione al processo mediatico al maschio: la colpa di uno diviene una colpa universale, l’azione di uno diviene il delitto di tutti, ad essere posti sul banco degli imputati sono stati tutti gli uomini, alcuni dei quali si sono anche dichiarati «colpevoli» o «responsabili», sebbene non si siano macchiati di alcun crimine. Semplicemente sono stati messi con le spalle al muro, costretti a confessare di essere brutte persone.

Eppure, come tu giustamente sottolinei, la violenza sessuale è sistematica in certe comunità di immigrati, è ricorrente, è abituale, quantunque si dica che il patriarcato sia italiano. Di fatto importiamo masse di cittadini di altri Paesi, in particolare africani, dove la cultura della sottomissione della donna non viene neppure messa in discussione, anzi è reputata sacra, Stati in cui viene praticata l’infibulazione, in cui le donne vengono date in spose già da bambine, vendute, cedute in cambio di una pecora, in cui chi nasce donna è obbligata a coprirsi da cima a fondo e di andarsene in giro conciata come un sacco della spazzatura, persino con gli occhi nascosti. E se una ciocca di capelli viene fuori dal velo, ecco che si procede con le frustrate, la lapidazione, la carcerazione, le botte, le torture. Questi costumi sono incisi nella mentalità di chi arriva qui e qui crede di potere comportarsi come se fosse ancora in Africa o in Asia, mentre si trova in uno Stato di diritto dell’Occidente. Così accade che un gruppo di ragazzi egiziani, tra cui anche tre minorenni, veda una ragazzina passeggiare con il fidanzatino al parco e decida di catturarla, immobilizzare il fidanzato, e violentarla a turno per poi gettarla via come un sacco di patate, il tutto in pieno centro, come se fosse normale. Qualcuno di coloro che fino a ieri urlavano contro il patriarcato, contro l’educazione maschilista impressa dalle famiglie italiane, contro l’uomo bianco, pronuncerà una parola in merito a questo stupro di gruppo condannando questi extracomunitari che pure abbiamo accolto?

No, nessuno. Il silenzio sarà assordante. Tuttavia, se questi giovanotti fossero stati italiani, per settimane avremmo letto sui giornali commenti e seguito dibattiti televisivi sulla destra maschilista che sta rovinando il Paese, sui «figli sani del patriarcato», sul sessismo tipico nostrano e roba simile. La colpa sarebbe stata di Salvini o di Meloni.

Abbiamo un problema non irrilevante da affrontare, che si è ingigantito negli ultimi mesi. Si tratta della collocazione da dare a questi ragazzi extracomunitari, tra cui un migliaio di minorenni che sbarcano in Italia ogni anno. Nei centri di accoglienza specifici non c’è posto. Finiscono sempre più spesso in carcere perché delinquono, distinguendosi per efferatezza, oppure campano sulla strada dove rappresentano un pericolo costante per chiunque, da Nord a Sud, nelle città grandi come in quelle piccole, di giorno e di notte. Tale situazione tende ad assumere caratteri emergenziali. E mi domando: anche nel caso di minorenni, non sarebbe opportuno che lo Stato di provenienza intervenisse e prendesse in carico i suoi? Possibile che tocchi sempre a noi occuparci dei cittadini altrui?

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