Di fronte al tavolo di un club per ufficiali del Cairo, due giovani operatori del Soe, il capitano William Stanley Moss e il maggiore Patrick Leigh-Fermor, stanno sorseggiano un cocktail nel tiepido settembre del 1943. Ad appena vent’anni sono entrambi temerari operatori della sezione speciale per le operazioni da condurre dietro le linee: un misto tra incursori e agenti segreti. Discutono sul come mettere su un piano audace quanto pericoloso: sequestrare il comandante della guarnigione tedesca che si è impossessata dell’Isola di Creta nel 1941, il feroce generale Mueller; già noto come il “macellaio di Creta” per le atrocità condotte contro la popolazione cretese al fine di fiaccare la “resistenza” che prolifera sull’isola.
Un piano per rapire il “nemico”
Il piano è questo: paracadutarsi sull’isola che brulica di tedeschi asserragliati in bunker e difese costiere, portando altri due operatori, unirsi alle bande della resistenza locale, gli andartes, e tendere un’imboscata al generale travestiti da soldati tedeschi dopo aver trafugato delle uniformi della Wehrmacht dove l’aquila imperiale spicca sulla svastica. Non è una missione facile, non ha un vero e proprio obiettivo “strategico”. È tuttavia una missione inquadrabile nel più ampio sforzo condotto dallo Special Operations Executive, organizzazione segreta atta a compiere “missioni sofisticate” per diffondere il terrore dietro le linee dell’Asse conducendo una guerra “irregolare”.
La guarnigione di Creta, forte di oltre 10mila uomini agli ordini di generale Mueller, si troverà così a dover dare la caccia a una manciata di spettri che si muovono al chiaro di luna. Se saranno fortunati – dopo aver rapito il generale e con l’aiuto di Mainoli Paterakis e Georgi Tyrakis, i due operatori del Soe di origine cretese – si imbarcheranno su un sottomarino che affiorerà silenzioso nella notte alle coordinate prestabilite per riportarli “alla base”. Come si dice in questi casi.
La missione inizia formalmente il 4 febbraio 1944, quando “Paddy” Leigh-Fermor, idolatrato dal più giovane e appassionato “Billy” Moss, decollarono dall’Egitto a bordo di un bombardiere Vickers Wellington che avrebbero dovuto lanciarli su Creta nella notte. Le prime asperità si manifestano subito e il piano deve subire subito delle modifiche in corso d’opera. Paddy raggiunge l’isola via aria, Billy dovrà tentare una serie di lanci prima che l’impossibilità di atterrare dove i tedeschi potrebbero accoglierlo a braccia aperte, lo spinge ad arrivare via mare: “Una piccola motolancia si avvicina cautamente alla costa dell’Isola di Creta occupata dai nazisti, lo sguardo concentrato per scorgere una minuscola luce, il segnale di via libera allo sbarco”. Cosi ha inizio questa odissea terminata il 16 maggio.
L’uomo sbagliato e il momento giusto
Si può dire che missione pianificata da Moss e Leigh-Fermor inizia sotto una cattiva stella, per rimanere sul registro astronomico: il generale Mueller, che al termine della guerra verrà comunque catturato e raggiunto dall’ordine di fucilazione per i crimini di guerra perpetrati a Creta, venne sostituito del mese di marzo dal generale Heinrich Kreipe, nuovo comandante della guarnigione a presidio dell’isola. Ai due agenti inglesi, ormai giunti sull’isola con il loro piano – e intesi nel portarlo a termine senza tornare indietro a mani vuote – non rimase altro che sequestrare il nuovo generale. Anche se era quello sbagliato.
Dopo un lungo peregrinaggio attraverso le montagne più alte dell’isola; fatto di fughe e brevi soste nei nascondigli sul monte Ida, che nell’antichità si credeva fosse stato niente meno che il nascondiglio di Zeus per proteggerlo dalla truculenza del padre Crono; fatto di notti trascorse intorno al fuoco a bere raki, e mangiare agnello o formaggio scortati dagli affascinanti e spartani partigiani cretesi, che indossavano i loro copricapi con un’eleganza che ricorda i turbanti della mannequin Elsa Schiaparelli, e spesso si abbandonovano a danze e canti; i due ufficiali inglesi, uno degno delle poesie di Byron, l’altro più avvezzo alle pose del Jim Hawkins dell’Isola del tesoro di Stevenson, ad aprile sono pronti all’azione.
Appostati a un incrocio che il generale Kreipe percorre puntualmente con la sua macchina dopo aver terminato la sua consueta partita a carte e prima di tornare a Villa Ariadn, Moss e Leigh-Fermor attendevano vestiti da ufficiali tedeschi per intimare l’alt alla vettura ben riconoscibile. “Ist dies das General’s Wagen?” – “È l’automobile del generale? domandarono con tono incerto – “Ja, ja“, rispose affermativamente l’attendente alla guida della vettura. Fu allora che a pistole spianate, e con gli andartes cretesi armati di pistole mitragliatrici M42 che spuntavano dai cespugli, venne catturato il generale.
Braccati dai tedeschi
La cattura del generale Kreipe, avvenuta con successo e annunciata come una missione “condotta e firmata dagli inglesi” attraverso un biglietto per evitare rappresaglie ai danni della popolazione civile, sarà solo il secondo capitolo di un’odissea iniziata in febbraio e terminata in maggio. Braccati dai tedeschi che costituiscono perimetri e adoperano le stesse tattiche da caccia al cinghiale per perlustrare i settori dell’isola dove è stato avvistato o potrebbe essersi nascosto il commando inglese in fuga, e stanarlo. Il gruppo dovrà separarsi e fissare rendez-vous difficili da rispettare, mentre cerca di comunicare disperatamente con il comando che deve inviare la missione di recupero ma non deve cadare in trappola.
Il generale, che comprende le difficoltà dei suoi assalitori, e che in rispetto del suo grado e delle convenzioni della guerra viene trattato come uno di loro, men che mai come il prigioniero scorbutico e pigro che si rivela, cercherà di rallentare la fuga prima di arrendersi al suo triste destino; ancora più rattristato da aver perduto, nelle più concitate discese e salite sulle impervie montagne, la sua più importante onorificenza: la croce di ferro di prima classe che gli cingeva al collo. Il commando riuscirà nel suo intento anche grazie a un terzo agente segreto inglese che viveva come un eremita sulla montagne di Creta con la sua radio trasmittente.
Recuperati dalla stessa motolancia che aveva portato Moss sull’isola dopo aver evitato una carneficina che avrebbe certamente decimato il gruppo di commando inviati a “difenderli”, Paddy, Billy e il generale rapito faranno ritorno in Egitto. Prima di accomiatarsi, il generale Heinrich Kreipe non perderà occasione di congratularsi con i due agenti del Soe per la professionalità e l’audacia con la quale avevano portato a termine la missione. Loro invece, fieri e commossi, gli consegneranno una “piccola colletta” per risarcirlo dell’onorificenza perduta. Affinché potesse acquistarne una nuova. Non la sua ma la stessa. La guerra tra gentiluomini si combatteva anche così: con “cavalleria e rispetto“, come avrebbe riferito Kreipe già al primo interrogatorio.
Tra molte missioni la più audace?
Il nuovo maggiore Stanley Moss e il nuovo tenente colonnello Patrick Leigh-Fermor proseguirono nelle loro missioni, uno in Macedonia, Grecia e Thailandia, l’altro di nuovo nella Creta che non venne risparmiata – come si sperava – dalle rappresaglie dei nazisti presi per il naso. Entrambi dopo la guerra scriveranno libri avvincenti come Brutti incontri al chiaro di luna (che narra questa vicenda, ndr) e Tempo di regali, uno dei tanti libri di viaggio scritti in stile Chatwin da Leigh-Fermor mentre Moss era in Antartico o a pesca in Jamaica. Il generale Heinrich Kreipe passerà tre anni in un campo di prigionia tra il Canada e il Galles prima di tornare a una vita tranquilla.
Diverse furono le operazioni alleate che presero di mira alti ufficiali nemici: il fallito raid nel quartier generale del generale Erwin Rommel in Nord Africa; l’assassinio del generale delle Ss e capo della Gestapo Reinhard Heydrich, il “macellaio di Praga”, nell’operazione Anthropoid; l’abbattimento dell’aereo sul quale viaggiava l’ammiraglio Isoroku Yamamoto come antesignano “target high-value” per gli Stati Uniti.
Quella di Creta, forse non la più spettacolare, né la più nota. Forse non fondamentale ai fini strategici, non essendo il generale Heinrich Kreipe, in ultimo, l’obiettivo del rapimento; fu certo un’odissea temeraria che vide combinati coraggio e fairplay, resilienza o intelligence, pericolo perenne e perenne contemplazione di scorci e atmosfere mozzafiato, che rimarranno impressi nella mente di chiunque voglia approfondire questo capitolo della storia leggendo il diario scritto da W. Stanley Moss nei suoi più indimenticabili “giorni d’avventura” nel mezzo di una guerra.