Esplodono gli scontri al Cpr di Roma Ponte Galeria dopo il suicidio di un migrante di nazionalità guineana di 22 anni, trovato morto questa mattina all’interno della struttura. A seguito del ritrovamento del cadavere, altri migranti ospiti del centro hanno cercato di uscire, tentando di forzare le grate e iniziando una sassaiola contro il personale di sicurezza. Sul posto sono giunti gli agenti di polizia in assetto antisommossa per cercare di riportare la situazione alla normalità. Al termine delle rivolte, fermate dalle cariche, si sono registrati tre feriti in codive giallo, due carabinieri e un militare dell’esercito. Ferito anche un operatore dell’Aurelia Hospital che era intervenuto. Sono 60 gli stranieri all’interno del Cpr coinvolti negli scontri.
Non è il primo caso di suicidio all’interno dei Cpr, dove vengono condotti i migranti in attesa di rimpatrio perché non in possesso dei requisiti per ottenere il permesso di soggiorno in Italia. Così come non è la prima volta che avvengono disordini all’interno di queste strutture, come dimostra l’incendio nel centro di Milo, in Sicilia, che ha completamente distrutto un’ala della struttura. Questi sono solo alcuni esempi di disordini nei centri di permanenza per il rimpatrio, strutture fondamentali per la gestione degli irregolari che arrivano sul territorio italiano. Dall’organizzazione “Rete no Cpr” è stato diffuso quello che sarebbe l’ultimo messaggio del migrante: “Se dovessi mai morire, vorrei che il mio corpo fosse portato in Africa, mia madre ne sarebbe lieta (…) I militari italiani non capiscono nulla a parte il denaro. L’Africa mi manca molto e anche mia madre, non deve piangere per me. Pace alla mia anima, che io possa riposare in pace“
Ovviamente, a sinistra non hanno perso tempo per strumentalizzare l’accaduto chiedendo l’immediata chiusura del Cpr di Ponte Galeria, senza però dare una valida alternativa. Pd, +Europa, M5s e tutte le sigle della sinistra spingono da tempo affinché queste strutture vengano dismesse, permettendo alle persone che vi si trovano dentro di restare libere, e irregolari, sul territorio, con tutte le conseguenze del caso sulla sicurezza. “Mentre siamo ancora nel centro di detenzione continua la protesta disperata degli altri cittadini stranieri detenuti sconvolti per la morte del loro compagno ed esasperati per le condizioni di detenzione“, dichiarano il segretario di +Europa, Riccardo Magi, e Cecilia D’Elia, senatrice del Partito democratico. “Sono luoghi di pura afflizione, se si considera che la maggior parte dei detenuti non saranno mai rimpatriati e prolungare la detenzione fino a 18 mesi come ha fatto il governo Meloni è folle. Chiediamo al ministro Piantedosi di visitare questo luogo e di chiuderlo al più presto“, concludono nella loro nota, dimostrando ancora una volta una posizione ideologica e per nulla pragmatica a un problema enorme come quello degli stranieri irregolari in Italia.