«Il mondo appartiene a quelli che hanno la maggiore energia». Questa citazione del politico e intellettuale francese Alexis de Tocqueville è vecchia di secoli però ha un che di sinistro se associata alle vicende odierne, dove la guerra tra Russia e Ucraina ha fatto capire a tutti quanto le materie prime – e nello specifico il gas – ricoprano un ruolo fondamentale nelle nostre vite. Non è quindi un caso che i giornalisti Andrea Greco e Giuseppe Oddo la riportino nelle primissime pagine del loro libro L’Arma del Gas, l’Europa nella morsa delle guerre per l’energia edito da Feltrinelli. Volendo poi ricorrere a una citazione più italiana, negli ultimi anni si è scoperto che «l’energia logora chi non ce l’ha» avendo dovuto fare i conti, in un’Italia dipendente dal metano russo, con bollette di gas e luce alle stelle, oltre a un’inflazione galoppante che ha reso a molti complesso anche solo fare la spesa.
Di fatto c’è un prima e un dopo di tutta questa storia: fin dagli anni Settanta il gas naturale ci è arrivato attraverso i metanodotti che incrociano in lungo e in largo l’Europa e faceva davvero comodo, perché è il combustibile meno caro. Il gas è stato impiegato in modo consistente per generare energia, ciò consentiva alle aziende di grandi Paesi manifatturieri, in particolare la Germania, di produrre a basso costo. Prima dello scoppio del conflitto, i Paesi della Ue importavano da Gazprom, la multinazionale russa controllata dallo Stato, il 40% del loro fabbisogno di metano. La decisione dello zar Vladimir Putin di invadere l’Ucraina ha sancito il dopo, fatto di sanzioni alla Russia e da manipolazioni del mercato del gas in risposta. Insomma, quest’ultimo diventa un’arma di guerra a tutti gli effetti. Le forniture russe in qualche modo dovevano essere sostituite e l’import dei Paesi Ue si è rivolto a Olanda, Norvegia e Stati extraeuropei quali Algeria, Azerbaigian, Qatar e Stati Uniti. La Russia, dal canto suo, s’è girata a Oriente per necessità, convogliando in Cina e in India una quota degli idrocarburi che prima vendeva in Europa. Al contempo, è stata più attiva sul mercato del gas naturale liquefatto, dove ha beneficiato dell’aumento dei prezzi successivo allo scoppio delle ostilità.
Il racconto di Greco e Oddo parte fin dal primo accordo di importazione del gas siberiano nel 1969, passa per l’evoluzione dei rapporti fra Russia, Italia e Germania, la rivoluzione di Maidan, lo scontro per i diritti di transito del gas tra Mosca e Kiev fino alla corsa per riempire gli stoccaggi dell’estate del 2022 per arrivare al piano per sganciare il continente dal gas russo. Ma quanto può dirsi affidabile questo nuovo sistema? Il libro analizza i possibili terreni di scontro futuri, in un’epoca di transizione energetica e di tensioni con la Cina per il controllo delle materie prime vitali per le nuove tecnologie. In tutto questo c’è il ruolo dell’Italia, che si muove con l’Eni. Il Cane a Sei Zampe nel piano 2022-2025 ha aumentato gli investimenti soprattutto nelle fonti fossili del 10%, a 31 miliardi. L’obiettivo del governo è disporre entro il 2025 – dopo gli accordi con Algeria, Congo e Qatar – di 25 miliardi di metri cubi importati per metà via tubo e per metà via nave.