Il Diavolo prima trema poi riprende la sua corsa

Il Diavolo prima trema poi riprende la sua corsa

Fare un gol più degli altri. Non sono soltanto le ultime parole famose di Stefano Pioli, recitate anche venerdì a Milanello, sono diventate il nuovo mantra di questo Milan che continua a imbarcare troppi gol in difesa (ahi ahi monsieur Maignan) ma riesce poi a trovare il guizzo decisivo per vincere le sfide («nel nuovo anno noi a livello di Inter e Juve» dirà Pioli). Così a Udine, così a Frosinone. In quest’ultimo caso prima centrando col suo miglior difensore (Gabbia) il pari e poi calando l’asso che ha le iniziali e la faccia da killer dell’area di rigore di Luka Jovic (5° gol, mica male). Il Frosinone rimane a mani vuote e dopo una grande prova, piena di coraggio e di calcio geometrico, resta a guardare pagando a carissimo prezzo la sua fragilità difensiva. Citazioni speciali per Leao e Giroud, insomma l’attacco fa di tutto e anche di più ma non è pensabile che col Napoli possa bastare.

L’incipit del Milan è da brividi. Nel giro di due-tre minuti Maignan sbava un rinvio sotto porta, Kjaer poi scivola spalancando l’area ai rivali, infine Adli tocca due volte una punizione sotto gli occhi dell’arbitro che ne punisce l’irregolarità. Mai visto Pioli agitarsi così tanto davanti alla panchina. Forse è merito del Frosinone che parte pancia a terra, senza alcun timore, con qualche variazione sul tema (Soulè dietro la punta, Seck a destra). Non vuole subire, anzi vuole affrontare in campo aperto i rossoneri. Al primo affondo efficace però il Milan passa davanti con il blitz di Loftus Cheek perfezionato da un cross cesellato di Leao (settimo assist) per Giroud (martellata di testa nell’angolo). Pioli soffre sul fianco destro (Brescianini e Harroui) ma è dal lato opposto che il Frosinone si procura il rigore dell’1 a 1 (sul cross di Gelli, Leao tocca col braccio largo il pallone) trasformato da Soulè salito in doppia cifra. Si capisce al volo che il portoghese vuol farsi perdonare l’involontario mani e in un paio di assalti finali sfiora il raddoppio. Il Frosinone riparte a testa bassa e Pioli invece di rammendare il centrocampo inventa un 4-2-4 (con Bennacer e Okafor al posto di Reijnders – ammonito e squalificato col Napoli – e Loftus Cheek) che espone invece la difesa di carta velina all’ennesimo colpo basso. Così dopo l’ora di gioco, sull’incursione di Mazzitelli che trova il 2 a 1, c’è la responsabilità evidente di Maignan che da Udine in avanti non è più quello di un campionato fa. Sull’asse francese Adli-Giroud (uno pennella il cross dopo calcio d’angolo, l’altro lo rispedisce davanti alla porta) prende forma il 2 a 2 firmato da Gabbia (primo gol in serie A) di testa. Poi tocca all’uomo della provvidenza, Luka Jovic insomma («ormai decisivo» ammetterà Pioli), entrare e nel giro di due minuti mettere la firma sull’incredibile sorpasso maturato dal solito cross di Theo, con pasticcio difensivo in società tra Romagnoli e Valeri e la successiva zampata velenosa del serbo.

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