Alla fine Sgarbi è la “capra espiatoria” degli odiatori

Dimissioni annunciate ma Sgarbi resiste. "Adesso devo negoziare con il governo"

Alla fine, per uno strano scherzo giocato dal destino, il più celebre vessillifero delle capre è diventato un capro espiatorio. O, come direbbe probabilmente lui, una capra espiatoria. Sì, perché leggendo i giornali di sinistra e appoggiando l’orecchio sul binario dei social dove transitano i treni del politicamente correttissimo, si sente forte il giubilo per le dimissioni di Vittorio Sgarbi, ingombrante sottosegretario diventato il capro espiatorio di tutto il livore antigovernativo. «Fuori uno», titola con plumbea gioia il Fatto quotidiano, giornale che ha acceso le micce dell’inchiesta sul critico d’arte, lasciando presagire che dietro di lui ci sia una fila di persone.

Così cola su Sgarbi tutto l’odio di chi vorrebbe mandare a casa questo governo – peraltro uno dei pochi eletto in modo netto dagli italiani negli ultimi anni – e pensa che le sue dimissioni siano la classica palla di neve che rotolando diventa valanga. Invece no, perché Vittorio Sgarbi è Vittorio Sgarbi, una strepitosa anomalia che non c’entra nulla con il governo e che forse al governo non ci sarebbe nemmeno dovuto andare.

Se incompatibilità dovesse esserci tra lui e le istituzioni non è per una conferenza, uno spettacolo o un quadro, ma è per la sua stessa persona: troppo tutto. Sgarbi ha fatto semplicemente Sgarbi e ora qualcuno se ne stupisce, come se non fosse da più di trent’anni un personaggio onnipresente della nostra vita quotidiana. Ed essere Sgarbi non è un reato, il resto esploderà come una bolla di sapone.

Frattanto l’esercito dei mediocri si frega le mani di fronte al suo passo indietro, che poi è solo un centimetro di strada in una carriera da maratoneta della cultura e, certo che sì, anche della sana follia. In questo strano Paese si perdona la sregolatezza, ma non il genio.

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