È bastato che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, tirasse in ballo l’ipotesi di una partecipazione dello Stato italiano in Stellantis, pareggiando così la quota francese (6,1%), per scatenare i mercati. La Borsa ha subito deciso di scommettere sulla fattibilità di un’operazione da 4 miliardi, sempre che da Parigi arrivi una richiesta esplicita. E il titolo Stellantis è stato premiato: +2,31% a 21,25 euro. Il collega di Urso, Giancarlo Giorgetti, ci ha scherzato sopra. «Io entrerei in Ferrari», la controproposta del ministro dell’Economia, visto l’effetto che i dati 2023 del Cavallino rampante hanno avuto sulle azioni.
Intanto, lo scontro tra Stellantis e Urso continua, assumendo toni sempre più aspri. Il nuovo messaggio del ministro al top manager portoghese è perentorio: «L’Italia dei sussidi è finita, per tutti. Questo governo ha una chiara politica industriale, condivisa con il sistema economico e con i sindacati, per incentivare e supportare chi vuole produrre nel nostro Paese. Queste sono le nostre condizioni e valgono per tutti. L’ipotesi di dire dateci più soldi non funziona più. Entrare nel capitale? Faremo atti dovuti solo nei confronti di chi si impegna a produrre qui».
Una nuova dura replica, dunque, all’affondo di Tavares il quale ha citato le fabbriche di Mirafiori e Pomigliano come i siti italiani piu a rischio a causa delle politiche del governo italiano. In pratica, la richiesta di incentivi più pesanti per far fronte al costoso sviluppo delle produzioni elettriche. E Urso, il quale punta, per l’Italia, a una produzione di almeno 1 milione di veicoli, porta come esempio Volkswagen. «Se lo scorso dicembre il marchio tedesco ha superato nelle vendite la Fiat di Stellantis (10.752 unità contro 10.523, ndr), se i cittadini italiani hanno preferito un’auto prodotta all’estero piuttosto che una vettura prodotta in Italia a fronte di condizioni di mercato e incentivi simili, il problema non è del governo, ma dell’azienda». Quindi, ha rincarato la dose: «Sarà un problema di marketing? Di modelli appetibili? Ma è sempre un problema dell’azienda». Anche Giorgetti entra nel dibattito: «Oggi la questione è su dove produrre le auto Stellantis. Il problema è che se non cambiamo approccio, tra 10 anni ci saranno soltanto automobili cinesi e indiane elettriche».
La trasformazione di Tavares da Abele in Caino non è piaciuta a Rocco Palombella, segretario generale Uilm: «Mirafiori e Pomigliano – precisa, intervistato ad Aci Radio – hanno rappresentato la volontà di Stellantis di restare in Italia. Ritengo le parole di Tavares ingenerose oltre che preoccupanti, dettate da un nervosismo crescente intorno a questo gruppo da parte della politica e del goveno. Vorrei che da Tavares, nei prossimi giorni, pervengano parole di tranquillità e le giuste garanzie per tutti i lavoratori».
Le altre reazioni sindacali. «Il governo convochi subito un incontro con Stellantis e noi sindacati: occorre definire le produzioni e tutelare l’occupazione in tutti gli stabilimenti italiani», ha sollecitato il leader della Cgil, Maurizio Landini. E Luigi Sbarra, capo della Cisl: «Il governo si faccia garante di un patto tra le parti in causa per il rilancio del settore». Critico con la strategia adottata da Palazzo Chigi è, infine, Pier Paolo Bombardieri, segretario generale Uil: «Sulla politica industriale di questo Paese mi pare proprio che il governo abbia poche idee, ma confuse».