Un giorno da tifoso del Milan di 100 anni fa

Un giorno da tifoso del Milan di 100 anni fa

Mattina presto. Mi sfrego la faccia ancora intorpidita con un panno umido. Tiepidi segnali di risveglio. L’aroma del caffè che si insinua su per le narici prova a fare il resto. Ipotizziamo che io abbia soltanto diciott’anni. I miei mi chiedono che ci faccia già sveglio, visto che è domenica. E io replico con una certa sicumera, scrollando le spalle: “Oggi gioca il Milan, mica posso dormire”.

Esco fuori con una sciarpetta che mamma mi ha cucito intrecciando dei fili di lana rossa e nera. Prima, per superstizione, passavo sempre davanti alla birreria Colombo di via Foscolo 2, la sede sociale del club. Giunto davanti mi facevo il segno della croce e pregavo vincesse il Milan. Oggi non è che cambi poi molto. Solo la sede, che hanno spostato per la quarta volta. Adesso quel pellegrinaggio lo compio andando al Bar Vittorio Emanuele, in Corsia dei Servi.

C’è tanta gente pressata contro il bancone, anche se mancano sempre diverse ora alla partita. Intruglio di voci. Alcuni sorseggiano un caffè bollente. Altri parlano di politica. Sembra che le prossime elezioni si faranno a breve, nell’aprile del 1924, ma chissà se ce ne saranno altre con tutto quel che succede nel mondo, mormora un tizio. Io comunque alla politica non ci penso. Mi frega solo del Milan. Un’altra cosa che faccio sempre, convincendomi che così poi la mia squadra vince, è socchiudere le palpebre e immaginare forte un’azione di Giuseppe Santagostino, il nostro bomber. Me la percorro tutta mentalmente e finisce sempre con un gol. Se non lo faccio, poi quello non segna. Ne sono convinto.

Ne ha già infilati diversi, comunque. Contro il Legnano e contro la Pro Vercelli. Poi quella doppietta che ci ha fatto vincere 2-1 sul Verona, alla decima del campionato. Poi ha fatto gol alla Novese, ma abbiamo perso. A dire il vero ne abbiamo perse un po’ troppe. Oggi a Milano arriva l’Andrea Doria e dobbiamo proprio rifarci. Esco dal bar e dico a quegli altri che tanto ci vediamo al campo di viale Lombardia, dove giocano i nostri.

Santagostino
Giuseppe Santagostino, il bomber del Milan di cent’anni fa

Percorrendo il reticolo di strade che mi ci deve portare, mi chiedo cos’abbia in testa il nostro allenatore, Ferdi Oppenheim. La squadra gioca tremendamente male e quell’austriaco secondo me non ci capisce troppo di calcio. Intanto siamo passati dal dilettantismo al professionismo ed è tutta un’altra cosa. La Juventus ha preso Virginio Rosetta dalla Pro Vercelli ed è successo un casino. Insomma, sono cambiate molte cose, ma il Milan sembra rimasto indietro.

Arrivo allo stadio dopo un lungo girovagare. Mi chiedo se il presidente Pietro Pirelli si stia rendendo conto che l’anno prossimo dovremo fare qualche nuovo acquisto, per invertire la rotta. Nel frattempo però dobbiamo sperare in Santagostino e Poggia davanti, nel filtro che fanno Tiziano Ballarin e Pietro Bronzini in mezzo e nelle idee lucide di Savelli, che spesso fa anche gol. In porta invece c’è Bruno Midali. Anche se abbiamo preso Luigi Binda dal Novara, gioca sempre lui. In difesa il leader è Soldati. Sulla carta non saremmo male, però nella pratica non funzioniamo molto.

Oggi è il 10 febbraio 1924 e fa un freddo intenso sui gradoni del viale Lombardia. Ci stanno fino a ventimila persone dentro ed è pieno, perché siamo in cerca di riscatto. Sono in mezzo a frotte di uomini che indossano lunghi cappotti e cappelli a tesa larga. I soldi per il biglietto ce li ho perché lavoro già da tre anni, aiutando papà, che fa l’artigiano del legno. Non riesco a vederle tutte, ma ne seguo un buon numero.

Eccoli che scendono in campo. Incrocio le dita, stringendomi nelle spalle per il gelo. Dopo otto minuti l’Andrea Doria è già in vantaggio. Ha segnato Merlini. “Roba da pazzi”, gridano al mio fianco. “Fate schifo, basta!”, abbaia qualcun altro. Io però penso che non si possa essere tifosi soltanto quando si vince. Il vero amore se ne infischia dei risultati. E poi al minuto 39 ha pareggiato Santagostino! Non è stata l’azione che mi ero immaginato stamani, perché ha segnato su rigore. Ma va benissimo lo stesso. La gente adesso balla. Ci aspetta un secondo tempo di speranza. Mi sfrego le mani e saltello sul posto, con il sorriso recuperato.

A inizio ripresa segna di nuovo l’Andrea Doria, con Bagnasco. Gli stessi errori di sempre. I nostri ci proveranno, ma il risultato resterà inchiodato. Un’altra sconfitta. Sfilo via mestamente, come tutta la gente intorno. Ancora non posso saperlo, ma ci piazzeremo in un mediocre ottavo posto. Torno a casa e mi sbatto la porta dietro. Tolgo i vestiti e mi metto a letto. Arriverà mai una soddisfazione? Fissando il soffitto mi chiedo come sarà il Milan tra cent’anni.

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