Come è possibile che una pistola passata di mano in mano, in momenti assai concitati, oggi sia totalmente priva di impronte digitali? La perizia dei Ris di Parma sul revolver da cui la notte di Capodanno, al termine di un veglione ormai celebre, partì il colpo che ferì l’elettricista Luca Campana, invece di dare risposte apre altre domande. La risposta più ovvia al mistero delle impronte è: qualcuno l’ha ripulita. E costringe la procura di Biella a ricostruire ancora più nei dettagli la scena del delitto, per capire chi prima e dopo lo sparo abbia impugnato la calibro 22 di proprietà del deputato di Fratelli d’Italia Emanuele Pozzolo.
A parlare, in assenza delle impronte, potrebbero essere le tracce genetiche trovate dai Ris: tre tracce, poco significative, ma utilizzabili. Ci sono sicuramente quelle di Pozzolo, ci sono probabilmente le tracce di Pablito Morello, suocero del ferito e capo della scorta di Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia e ospite d’onore della festa. È Morello, per sua stessa ammissione, a prendere in consegna l’arma dopo lo sparo per metterla al sicuro fino al momento di consegnarla ai carabinieri, Chi è il titolare del terzo Dna?
I più vicini al momento dello sparo, oltre a Morello e a Pozzolo, sono il ferito, Campana, e l’assessore Davide Zappalà: ma nessuno dei due dice di avere toccato la pistola. Pozzolo è risultato positivo al tampone stub, sui residui da polvere da sparo, ma ha sempre detto di non essere stato lui a impugnare il revolver. Ieri ha ribadito la sua versione ai probiviri del suo partito, che lo hanno interrogato. «Il colpo è partito accidentalmente – ha detto il parlamentare – in un momento in cui l’arma era nelle mani di altri». Neanche ai probiviri, però, Pozzolo ha fatto il nome di chi secondo lui aveva la pistola.