Si dice che Robert Johnson, uno dei padri del blues del Delta, abbia venduto l’anima al diavolo a un crocicchio, nei pressi di Clarksdale, Mississippi, pur di diventare un grande musicista. E che, così facendo, abbia aperto la via alla musica moderna e, in ultima analisi, allo stesso rock’n’roll, da sempre associato a riti orfici e orgiastici e a una pericolosa propensione agli eccessi, nella ricerca ossessiva «della conoscenza di sé attraverso un’intensa comprensione della soggettività personale», come scrive Ezio Albrile, autore di Led Zeppelin esoterici (Mimesis, pagg. 203, euro 16).
Forse un titolo come «Esoterismo e Led Zeppelin» sarebbe stato più consono, in considerazione del fatto che Led Zeppelin esoterici traccia una minuziosa storia del pensiero occulto, inserendo non pochi riferimenti al percorso della celebre band inglese, senza metterla al centro della narrazione. Ciò detto, consiglio il saggio di Ezio Albrile a chiunque sia interessato a un’infarinatura più che esauriente in materia. Scritto con relativa semplicità – trattandosi di argomenti particolarmente impegnativi, la parola facile non può essere di casa – il libro offre numerosi spunti di approfondimento, oltre a un punto di vista interessante sulle tematiche escatologiche che affiorano nei testi e nelle atmosfere delle canzoni dei Led Zeppelin.
D’altra parte, la «cultura underground, nata dalla crasi di musica ed uso di sostanze psicoattive, generalmente nota come cultura psichedelica, si è subito caratterizzata come foriera di una spiritualità alternativa». E non è una novità che l’alternanza tra luce e tenebra e il conflitto tra bene e male – in ultima analisi, il peccato originale stesso – siano da sempre il soffio vitale dell’arte in ogni sua forma.
È alla fascinazione dell’arte per l’esoterismo che l’autore dedica attenzione, non prima di aver tracciato un erudito percorso della sua storia, dalle origini fin quasi ai giorni nostri. Tra le pagine spuntano nomi celebri quali lo scrittore inglese Aldous Huxley, il regista canadese David Cronenberg, il romanziere tedesco Herman Hesse, il narratore statunitense Theodore Dreiser e, ovviamente, i Led Zeppelin come pure altre band celebri: i Beatles, i Pink Floyd, i Jefferson Airplane e i Grateful Dead. La loro «musica è in definitiva una esperienza interiore», un’emozione che coinvolge «simultaneamente, sincronicamente, cuore e mente».
Uno dei momenti cardine nella parabola del rock’n’roll fu il viaggio mistico dei Beatles in India, con il soggiorno nell’ashram del Maharishi Yogi, esperienza che generò un’onda musicalmente sincretica attraverso cui le giovani generazioni in Occidente entrarono in contatto e poi in sintonia con la cultura orientale. John Coltrane e Jimi Hendrix fecero il resto, senza naturalmente dimenticare il ruolo attivo delle droghe. D’altro canto, i «peculiari effetti psichici delle sostanze enteogene consistono in una radicale revulsione del piano di coscienza… Visioni fantastiche, ispiratrici a volte di una beatitudine tra le più sublimi, a volte di un terrore tra i più profondi». L’uso di sostanze in grado di alterare la percezione e di far viaggiare la mente in altre dimensioni è da sempre legato a una certa ritualità religiosa.
Jimmy Page, soprattutto in gioventù, è stato affascinato da una figura come quella del discusso Aleister Crowley (il principe degli occultisti inglesi) e ha spesso pescato a piene mani dallo stagno nero del suo pensiero. Basterebbe prendere spunto dal brano di Jake Holmes, Dazed and Confused, rivisitato dai Led Zeppelin sul loro primo disco, una trasposizione in musica del disorientamento dell’individuo «di fronte al proprio isolamento», in una dimensione estranea. Ma è con la celebre Stairway to Heaven che l’appropriazione da parte di Jimmy Page e Robert Plant di una simbologia carica di mistero e di occulto fa la propria comparsa. C’è chi vi avrebbe addirittura individuato alcune frasi sibilline, ascoltando il disco al contrario. Secondo altri, la frase «sometimes words have two meanings» (a volte le parole hanno due significati) sarebbe un’indicazione aperta della duplicità di ogni cosa.
Quel che è certo è che, almeno in questa canzone, l’inclinazione orgiastica-dionisiaca lascia spazio a una sete di elevazione spirituale che al tempo univa un’intera generazione, malgrado qualcuno abbia riconosciuto nella «Grande Bestia» Crowley la figura del pifferaio che «ci guiderà verso la saggezza».