Le immagini del processo di Ilaria Salis (nella foto) che entra nell’aula del tribunale di Budapest ammanettata hanno fatto il giro dell’Italia in particolare dopo le parole di suo padre che ha accusato l’Ungheria di non rispettare i diritti della detenuta suscitando notevole scalpore. Partendo dal presupposto che è compito dell’Italia vigilare affinché siano rispettati i diritti di tutti i suoi cittadini sotto processo nei Paesi esteri, sul caso giudiziario di Ilaria Salis esistono numerosi punti interrogativi e aspetti che meritano di essere approfonditi.
A cominciare dai motivi per cui la maestra antifascista è stata arrestata ed è sotto processo.
Il Giornale ha visionato in esclusiva le motivazioni dell’accusa presentate dal procuratore capo di Budapest a Ilaria Salis e agli altri imputati al processo sul «caso degli attacchi estremisti a sfondo ideologico a Budapest». Il quadro che emerge, anche consultando il comunicato sulla chiusura delle indagini, aiuta a fare chiarezza sulle accuse alla Salis e ci consegna uno scenario ben diverso dalla descrizione di una semplice manifestante antifascista arrestata per motivazioni politiche.
L’accusa del procuratore è rivolta nei confronti di «tre cittadini stranieri che hanno partecipato come membri di un’organizzazione criminale agli attacchi di Budapest del febbraio 2023, che hanno avuto un totale di 9 vittime». Il primo punto importante è il fatto che ci troviamo di fronte a «un’organizzazione criminale» i cui membri «concordavano che la lotta ideologica contro i simpatizzanti dell’estrema destra dovesse essere combattuta con la violenza».
Da questo elemento, la decisione di «compiere attacchi organizzati contro vittime ignare identificate o percepite come simpatizzanti dell’estrema destra a loro scelta». Gli attacchi, secondo l’accusa, erano coordinati tramite un’applicazione del dark web e avvenivano a volto coperto per evitare di essere riconosciuti e «avevano uno scenario ben pianificato, preciso e provato, che si rifletteva nella divisione preconcordata dei compiti. La durata degli attacchi era fissata a 30 secondi, misurati dal comandante, che iniziava e terminava l’attacco dando il comando e poi aiutava i compagni a fuggire. L’osservatore aveva il compito di monitorare l’ambiente circostante e di evitare interferenze da parte di estranei, mentre gli altri membri erano gli esecutori dell’attacco».
Tali azioni si sono verificate tra il 9 e l’11 febbraio a Budapest attraverso «cinque attacchi, in cui sono rimaste ferite nove persone», «le vittime erano cittadini ungheresi e stranieri. Sei di loro hanno riportato ferite gravi, tre ferite leggere, ma molte di esse potevano potenzialmente causare lesioni mortali». Si arriva così all’accusa nei confronti di Ilaria Salis: «la Procura di Budapest ha incriminato la donna italiana per il reato di tentate lesioni personali con pericolo di vita» ma è ancor più preciso il comunicato di chiusura delle indagini della polizia ungherese secondo cui «la donna italiana è sospettata di tentata aggressione con danni alla vita in quanto complice di un’organizzazione criminale».
Come spiega Miklós Szánthó, presidente del Center for Fundamental Rights, principale think tank ungherese sul tema dei diritti: «È un caso di gravi attacchi violenti contro vittime che non erano in maniera dimostrata di destra, ma che erano ritenute tali. Una simile violenza non ha precedenti in Ungheria e la legge deve agire con fermezza e decisione contro di essa. L’Ungheria è un Paese pacifico e non tollera i crimini a sfondo politico, siano essi di destra o di sinistra. È inaccettabile che qualcuno si rechi qui per mettere in atto le proprie pulsioni violente. A questo proposito, organizzazione criminale non è un concetto ordinario, ma un termine tecnico del diritto penale».
Inoltre, ci dice il parlamentare ungherese Lrinc Nacsa, membro della commissione Esteri, «dispiace che in Italia si siano pubblicate quasi solo fotografie della presunta autrice delle brutali aggressioni e che non siano state mostrate le vittime». Fino a che non ci sarà una condanna definitiva per Ilaria Salis vale la presunzione di innocenza ma è importante, per una valutazione oggettiva, raccontare le accuse che l’hanno portata al rischio di una dura condanna.