Il 2024 non sarà l’anno giusto per andare in pensione in anticipo. O per lo meno saranno molti i lavoratori che dovranno rifare i conti per programmare l’uscita dal lavoro. Le norme non sono cambiate di molto – e già questo impone una riprogrammazione, visto che per molti mesi, lo scorso anno, si era favoleggiato di qualche scivolo facilitante, con quote e scalini più generosi – e proviamo a riassumere le questioni principali.
La regola rimane consolidata, sia in relazione all’anzianità contributiva, sia in relazione alla condizione anagrafica (pensione di vecchiaia). E cioè, nel 2024, a prescindere dall’età anagrafica, potranno andare in pensione i lavoratori (uomini) che avranno conseguito 42 anni e 10 mesi di contributi, e le lavoratrici (donne) che abbiano maturato 41 anni e 10 mesi di contributi. La prestazione è soggetta a un meccanismo di differimento della decorrenza del primo rateo pari a tre mesi dalla maturazione dei requisiti pensionistici (sia per il settore privato che per i lavoratori del settore pubblico).
Mentre, a prescindere dai contributi versati (ma c’è un minimo di vent’anni di contribuzione), c’è la condizione anagrafica. Per la pensione di vecchiaia anche nel 2024 servirà aver compiuto 67 anni. Per la pensione di vecchiaia non è prevista l’applicazione di alcuna finestra di slittamento: la pensione decorre, di regola, il primo giorno del mese successivo alla maturazione dei requisiti.
Le deroghe
Consolidati i criteri di anzianità e vecchiaia ci sono alcune deroghe. E ci si addentra nella “giungla delle pensioni”: qui cerchiamo solo di tracciare un sentiero, ma per conoscere tutta la mappa ci vuole pazienza e magari una guida dedicata e personalizzata.
Innanzitutto, c’è uno sconto di sei mesi per la pensione di vecchiaia (il requisito anagrafico aggiornato è di 66 anni e 7 mesi) per coloro che abbiano svolto mansioni particolarmente difficoltose e rischiose (di cui al decreto del ministero del lavoro del 5 febbraio 2018); ma per costoro sono richiesti almeno trent’anni di contribuzione (non bastano i 20 anni per chi va in pensione di vecchiaia a 67 anni).
Le deroghe alla pensione di anzianità (anticipata) sono sostanzialmente di tre tipi:
- quota 103;
- ape social;
- requisito donne.
Quota 103
Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi) resta anche nel 2024 ma è fortemente depotenziata dalla legge di bilancio che prevede il calcolo della prestazione con il sistema contributivo, non più con il misto (valido sino allo scorso anno); fino a 67 anni l’importo massimo della pensione così calcolata non potrà eccedere il valore pari a quattro volte il trattamento minimo inps (2.394 euro lordi al mese), sino allo scorso anno il limite era cinque volte il trattamento minimo Inps (cioè 2.839 euro al mese); la prestazione decorre dopo sette mesi (erano tre lo scorso anno) dalla maturazione dei requisiti per i lavoratori del settore privato e nove mesi (erano sei lo scorso anno) per i lavoratori dipendenti del pubblico impiego.
Ape sociale
La legge di bilancio ha rinnovato anche le condizioni della cosiddetta “Ape sociale” (Ape sta per “anticipo pensionistico”) per le categorie più deboli:
- disoccupati con esaurimento integrale dell’indennità di disoccupazione;
- invalidi civili con almeno al 74% di invalidità certificata;
- caregivers;
- addetti ad attività particolarmente “difficoltose e rischiose”.
Ma con tre penalizzazioni. Il requisito anagrafico sale da 63 anni a 63 anni e 5 mesi; invariato quello contributivo pari a 30 anni (36 anni per le attività “difficoltose e rischiose”). Dalle attività “difficoltose e rischiose” spariscono quelle aggiunte due anni fa dalla legge n. 234/2021 cancellando il lavoro svolto dalla commissione ad hoc presieduta dall’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano. Travolto pure il requisito contributivo agevolato di 32 anni previsto per gli edili e ceramisti.
Regime donna
Potranno accedervi le lavoratrici con 61 anni (un anno in più rispetto allo scorso anno, nel 2023 bastavano 60 anni) e 35 anni di contributi raggiunti entro il 31 dicembre 2023 ma solo se rientrano in tre specifici profili di tutela:
- caregivers;
- in possesso di una invalidità civile almeno al 74%;
- lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale riconosciuta. È previsto uno sconto di un anno sul requisito anagrafico per ogni figlio entro un massimo di due anni. Per le lavoratrici di cui al profilo
- il requisito anagrafico è fissato, invece, a 59 anni a prescindere dal numero dei figli.