“Trattata come una bestia al guinzaglio“. Dopo l’arresto, fatta spogliare e lasciata in “mutande, reggiseno e calzini“. Poi costretta a rivestirsi “con abiti malconci e puzzolenti e stivali con tacchi a spillo non della mia taglia“. Un memoriale scritto da Ilaria Salis dal carcere di Budapest fa emergere dettagli raccapriccianti sulle condizioni disumane a cui la 39enne italiana sarebbe stata sottoposta sin dal suo arrivo nel penitenziario. Nel documento redatto a mano il 2 ottobre scorso, l’insegnante milanese accusata di aver preso parte a un’aggressione ha denunciato quel che ha visto e patito, a cominciare dai problemi di pessima igiene.
Ilaria Salis, il memoriale dal carcere
“Sono rimasta per cinque settimane senza ricevere il cambio lenzuola, non le cambieranno per altre tre o quattro“, scrive Salis. “Per i primi tre mesi – racconta – sono stata tormentata dalle punture delle cimici da letto. Oltre alle cimici, nelle celle e nei corridoi è pieno di scarafaggi. Nei corridoi esterni spesso si aggirano topi“. La 39enne ha poi lamentato problemi di malnutrizione. “Il carrello passa per la colazione e per il pranzo ma non per la cena. A colazione si riceve una fetta di salame spesso in cattivo stato. A pranzo danno zuppe acquose in cui c’è pochissimo cibo solido, ma dove spesso si trovano pezzi di carta e di plastica, capelli o peli“.
Le condizioni in cella
“Si trascorrono 23 ore su 24 in cella completamente chiusa“, ha denunciato Salis nel memoriale scritto quando si trovava nel cercere di Budapest già da quasi otto mesi. E ancora, riferendosi alle condizioni detentive, la giovane attivista annotava: “C’è una sola ora d’aria al giorno e la socialità non esiste. Tutte le mattine ci svegliamo alle 5.30. Ogni volta che dobbiamo sostare in corridoio dobbiamo stare rivolte verso il muro“. Nel documento mostrato in esclusiva dal TgLa7, Ilaria spiega inoltre di essersi potuta iscrivere alle lezioni di scuola elementare ungherese, lingua in cui avvengono tutte le comunicazioni, con la motivazione che “non parla ungherese“. Per sei mesi non poté comunicare con la famiglia.
Le preoccupazioni per la salute
L’unico svago concesso alla detenuta, un laboratorio di attività manuali per il quale non veniva pagata “in quanto detenuta straniera“. Per la giovane, a quelle indegne condizioni si è aggiunta la preoccupazione per un nodulo da tenere sotto controllo. A marzo, un mese dopo l’arresto, Ilaria avrebbe avuto un’ecografia programmata in Italia. Riesce a farla solo a metà giugno ma non le consegnano il referto: “La dottoressa mi ha detto a voce che andava tutto bene e che non dovevo svolgere altri controlli“, scrive la giovane. Ad alimentare l’indignazione per il trattamento riservato in Ungheria alla nostra connazionale erano state le recenti immagini nelle quali Salis, a processo, veniva condotta in catene e coi piedi legati. Ora l’ulteriore e raccapricciante testimonianza emersa dal memoriale.
Tajani: “Abbiamo chiesto cosa accade in cella”
“Noi come governo abbiamo chiesto di far rispettare i diritti della detenuta, ma non possiamo interferire nell’attività giudiziaria“, ha spiegato in serata il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, ospite di Bruno Vespa su Rai. “Possiamo dare la nostra opinione, negativa, su come è stata tradotta in aula, per come è stata trattata durante l’udienza e abbiamo chiesto di verificare cosa accade in cella, se è a dimensione umana e apposta è andata la famiglia a incontrarla“, ha aggiunto l’esponente di governo. Ma, ha proseguito, “non tocca al governo italiano entrare nel merito della vicenda giudiziaria. Noi rispettiamo le decisioni della magistratura ungherese però pretendiamo che ci sia il rispetto delle normative comunitarie per quanto riguarda i detenuti“.