Parla Bagnasco: «L’Europa? Ha bisogno di un esame di coscienza e di una rifondazione». La rivendicazione dell’Isis dell’attentato nella chiesa italiana di Santa Maria a Sariyer ha ricordato all’Occidente che l’incubo del terrorismo islamista esiste ancora e non ne è immune un Paese dalla forte tradizione laica come la Turchia. Lo sanno bene, invece, le ferventi minoranze cristiane del Medio Oriente che si sentono sempre meno capite dalle maggioranze tiepide dell’Europa.
Il cardinale Angelo Bagnasco, già presidente Cei e dei vescovi europei, conosce il problema e ne parlerà oggi in un convegno al Senato dal titolo «Il suicidio dell’Occidente» con Marcello Pera ed Alfredo Mantovano.
Eminenza, cosa ne pensa di quello che è successo in Turchia? C’è il rischio di una nuova escalation anticristiana?
«Spero che sia una scheggia impazzita, ma temo non sia solo questo. È un fatto molto doloroso. Deve indurci a pensare su ciò che riguarda la nostra capacità di testimoniare, come cristiani e cattolici. Prendiamo esempio da questi nostri fratelli cristiani che, nonostante le difficoltà, si mantengono fedeli, coerenti e visibili nella loro fede. Dobbiamo essere vicini a loro ed imitarli per coraggio e fedeltà al Vangelo.
Non crede che un episodio così grave avrebbe dovuto provocare uno sdegno maggiore in Occidente? Può pesare il fatto che il cristianesimo viene ancora considerato una religione maggioritaria qui da noi?
«La religione cristiana non ha pretese di imposizioni con nessuno e per nessuno. Offre la verità di Cristo nella sua interezza e nella sua radice apostolica. Con 2000 anni di storia insanguinata da tanti martiri e arricchita da tanta santità sia ieri che oggi. Non deve esserci paura del Vangelo. Anche l’Europa non deve averne perché il Vangelo è sempre stato lievito di civiltà, bellezza, cultura e progresso dei popoli».
A proposito di Europa: questo è l’anno delle elezioni, un crocevia per il futuro. Lei cosa si augura per l’Europa? Cosa accadrà dopo la tornata elettorale di giugno?
«Che ritorni l’intelligenza. Intelligenza vuol dire umiltà e capacità di leggere senza pregiudizi e posizioni ideologiche il proprio cammino. D’altronde, ogni famiglia si ferma di tanto in tanto per fare un esame di coscienza su come ha vissuto, analizzando errori e successi veri».
Sta dicendo che è il momento di un esame di coscienza anche per l’Europa?
«Oggi vedo che il senso di appartenenza tra i popoli e tra le nazioni europee sta diminuendo. E questo non è un bene. Spero e auspico che l’Europa si fermi a fare un esame di coscienza pertinente. Perché se l’albero si giudica dai frutti, possiamo dire che i suoi non sono sempre positivi. Anzi».
C’è chi evoca scenari da incubo in caso di cambiamenti nel baricentro politico continentale dopo le europee. Lei è d’accordo?
«Ogni parte politica può evocare degli incubi, nessuna esclusa. Quindi bisogna essere intelligenti e onesti: non rimanere agganciati a fenomeni o ricordi del passato, ma guardare all’oggi. Qualunque parte politica va giudicata solo nella concretezza delle sue posizioni ideali e delle sue visioni, sperando ce ne siano».
Di cosa ha davvero bisogno l’Europa?
«L’Europa, a mio parere, ha bisogno di una rifondazione. Lo hanno detto spesso sia Benedetto XVI che Francesco: hanno parlato di rifondazione, un concetto molto forte perché non si limita a chiedere un ritocco o una correzione. Serve una rifondazione di sé stessa anche sul piano istituzionale affinché non ci sia più quel deficit di democrazia che oggi vediamo».
Sia a livello locale che nazionale si torna a parlare di proposte di legge sul fine vita. Che ne pensa?
«Bisogna considerare seriamente e non solo proclamarlo a parole il valore della nostra Costituzione. Specialmente all’articolo 32 sulla tutela della salute che, in sostanza, motiva questo diritto stabilendo quanto la salute e la vita di ogni cittadino non siano solo un bene personale ma anche un bene collettivo. L’autodeterminazione assoluta di ogni individuo deve tenere conto anche del legame intrinseco con gli altri.
Quindi il singolo non è padrone assoluto della propria vita?
«La scelta del singolo è individuale ma inevitabilmente ha anche delle ricadute sul piano delle relazioni. La nostra Costituzione ci dice questo a proposito dell’eutanasia e del suicidio assistito, traducendo una visione personalistica di tipo relazionale. Chi propugna il fine vita, secondo me, risponde più ad una visione individualista».