A un certo punto Giorgia sbotta. «So sfinita», dice ai suoi collaboratori tra un incontro e l’altro, nel mezzo della girandola diplomatica che da due giorni la sta «frullando». Stanca ma soddisfatta. «Abbiamo scritto una nuova pagina di storia». Lo dimostrano, spiega, l’interesse e anche il contenuto dei bilaterali che si succedono a Palazzo Chigi, un elenco lunghissimo, «l’occasione per uno scambio di idee sul rilancio delle relazioni con l’Africa, alla luce della presidenza italiana del G7». Grazie al vertice e al lancio del Piano Mattei, Roma «ha riacquistato centralità».
E un segno di tale «centralità» si può forse trovare nel faccia a faccia tra la Meloni e il primo ministro libico Dabaiba, con la premier che esprime «il massimo sostegno al rappresentante dell’Onu Bathily per sbloccare l’impasse e favorire un accordo di ampio respiro che spiani la strada ad elezioni». Il capo del governo di Tripoli apprezza ed è «pronto a cooperare nei settori dell’energia e istruzione». O negli incontri con Marocco e Tunisia. O con la Confindustria africana. O in quello con il presidente somalo Mohamud. «L’Italia – racconta l’uomo forte di Mogadiscio – ha avuto il merito di favorire la distensione con l’Etiopia, come testimonia il trilaterale di Addis Abeba con la presidente del Consiglio». Ora però il riconoscimento del Somaliland da parte etiopica ha riportato il dialogo in alto mare. Mohamud chiede un nuovo intervento italiano. «La partnership funzionerà se uno Stato smetterà di violare le leggi internazionali annettendo territori dei vicini». Palazzo Chigi sta pensando a un’iniziativa. Intanto si spera che l’attenzione sul piano e il clima dei summit come quello romano possa provocare qualche effetto.
Ma il Piano Mattei, come sostiene Antonio Tajani, «non è certo il punto di arrivo ma un momento di confronto profondo con tutti i vertici del continente africano, con l’obbiettivo di fare sempre di più». I progetti pilota presentati non sono uno spartito già scritto bensì uno stimolo pragmatico ad impegnarsi. Ascoltato dalle commissioni Esteri di Camera e Senato, il responsabile della Farnesina fa il punto sugli esiti dell’ultimo Consiglio Europeo e sulle prospettive del G7 a guida italiana: la difficile situazione geopolitica generale inciderà sui programmi.
Infatti. «Le guerre in corso e la crisi nel Mar Rosso hanno ricadute strategiche ed economiche sui Paesi africani come su di noi», dice Tajani. Rafforzare i rapporti è indispensabile. «Sicurezza e prosperità dei due continenti sono strettamente legate, proprio per questo è fondamentale investire risorse in Africa». Il governo ha individuato dei settori chiave: istruzione, salute, sicurezza alimentare, energia, infrastrutture. Scommettere in quei campi, puntarci dei soldi, serve pure «per fare sistema, aprire mercati ed aiutare le imprese del nostro Paese». In cima alle priorità, ricorda il ministro degli Esteri, «c’è la formazione delle giovani generazioni africane». Tutto ciò, l’offerta di un’alternativa, questa almeno l’idea di Palazzo Chigi, aiuterà anche l’Italia e l’Europa a gestire i flussi migratori.