Fiorenzo e Beppe sul Don. Caduti insieme, ora a casa

Fiorenzo e Beppe sul Don. Caduti insieme, ora a casa

Il Tricolore avvolge le cassette metalliche con le spoglie di venti soldati italiani caduti nella campagna di Russia che tornano a casa, dopo oltre 80 anni. Giovani militari di tutte le armi, inquadrati su due file, portano con devozione e rispetto le piccole bare sfilando al ritmo delle note della musica d’ordinanza della brigata Pozzuolo del Friuli, triste e solenne. Diciotto risultano caduti ignoti, ma due sono stati riconosciuti: Fiorenzo Conterno di Albaretto della Torre (Cuneo) e Giuseppe Cagnasso di Alba, alpini della divisione Cuneense che è stata decimata nel 1943. Amici partiti assieme dal Piemonte per la guerra e mai più tornati dal fronte del Don. Fino a ieri con la cerimonia al tempio ossario di Cargnacco, in provincia di Udine, monumento nazionale dove riposano 8.778 caduti della campagna di Russia. Ad attendere i due alpini sono arrivati i familiari da Alba e Cuneo. “Fiorenzo era mio zio. Siamo venuti a prenderlo per portarlo accanto alla nonna, sua madre” racconta Fiorenza Ferrero con un groppo in gola. Oggi verrà sepolto nel cimitero di Lequio Berria, un comune di 421 anime nella provincia di Cuneo.

Clara Cagnasso, nipote di Giuseppe, il secondo alpino noto, è in prima fila per la messa solenne quando all’ingresso dei venti caduti avvolti nella bandiera i militari scattano sull’attenti e si alzano i labari delle associazioni d’arma schierati per l’ultimo saluto. “Mio padre ha cercato suo fratello per tanto tempo. Sperava si fosse salvato in qualche modo nonostante il durissimo inverno del 1942-’43” racconta Clara. “Quando mi hanno informata che l’hanno trovato è stato un sollievo – spiega – Finalmente, come voleva papà, mio zio torna a casa per una degna sepoltura”. Le spoglie dell’alpino resteranno a Cargnacco assieme alle migliaia di soldati caduti sul fronte russo.

I venti italiani sono stati riesumati nella zona del Don: 8 alpini della divisione Cuneense, che ha perso 14mila uomini, 7 artiglieri della contraerea in difesa dell’aeroporto di Millerovo e 5 fanti della Ravenna.

I due alpini sono stati identificati grazie ai piastrini di riconoscimento che avevano al collo. E riesumati, assieme agli altri 6, da un’associazione di veterani russi, Piccolo Saturno, che cercava i loro caduti. Al ritrovamento ha partecipato, Paolo Caldera, un bresciano che vive a Mosca e collabora per passione con l’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia (UNIRR), che non molla mai la ricerca dei dispersi. Si calcola che siano ancora 80mila rispetto ai 13mila caduti tornati in patria. “Un anziano si ricordava, da bambino, dove erano sepolti gli italiani” racconta Caldera.

Il destino dei due alpini noti era legato fin dall’inizio della seconda guerra mondiale. Attraverso i fogli matricolari l’UNIRR ha ricostruito che avevano combattuto nella campagna in Grecia-Albania. “Facevano parte del 2° reggimento, battaglione alpino San Dalmazzo, 14a compagnia. E sono scomparsi assieme” sottolinea Giovanni Soncelli, presidente dei reduci di Russia. I resti sono stati trovati ad Aleikonovo, ma Conterno aveva ottenuto una medaglia di bronzo, il 26 gennaio 1943, a Malakejeva, un villaggio dove il suo reparto, diretto a Valujki, è stato mitragliato da aerei sovietici. Poi l’Armata rossa ha scagliato contro gli alpini carri armati e fanteria. Il luogo del ritrovamento, però, è in direzione opposta rispetto alla ritirata. “Questo farebbe supporre che i due alpini siano stati fatti prigionieri a Valujki e poi portati a ritroso verso il Don a tappe forzate – spiega Maurizio Comunello, vice presidente UNIRR- La marcia della morte, al gelo, niente da mangiare e quando qualcuno crollava a terra, i russi gli intimavano davai, davai (avanti). Se non si alzava gli sparavano a bruciapelo lasciando il corpo nella neve”.

Le venti cassette con i resti degli ultimi soldati ritrovati sono allineate davanti all’altare per la la benedizione. La funzione si conclude con le parole toccanti della preghiera dei caduti: “Non sono tornato nella mia casa disperso in un turbine di neve, di ghiaccio e di fuoco. Ti prego Signore, per il mio ultimo riposo fammi tornare in seno alla terra natia”.

Dopo 80 anni le spoglie di 19 caduti riposeranno nell’ossario sotto il tempio di Cargnacco. Davanti a un reparto di alpini che presenta le armi, la piccola bara di Conterno, viene consegnata ai familiari dai generali Ugo Cillo, che comanda le forze operative Nord e Diego Paulet di Onor caduti. “Quando abbiamo saputo del ritrovamento siamo scoppiati tutti a piangere – racconta la nipote Fiorenza, che porta il nome femminile del caduto – E’ stata un’angoscia continua non sapere nulla, un dolore silenzioso. Mia madre teneva sempre con sè la decorazione del fratello ottenuta proprio in Russia. Adesso lo riportiamo finalmente a casa”.

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