L’Europa rischia di segnare l’ennesimo autogol. Di comettere cioè un passo falso su un tema che riguarda la salute pubblica, oltre che l’economia. La nostra economia. Dal 5 al 10 febbraio prossimi, a Panama, si terrà la decima Conferenza delle Parti (COP) della Framework Convention on Tobacco Control (FCTC), ovvero la Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: sui tavoli che contano si discuteranno le linee guida per il futuro ed emergeranno indicazioni chiare – benché non vincolanti – per i Paesi della comunità internazionale. In quell’ambito, anche l’Unione Europea avrà voce in capitolo ma il timore è che questa opportunità produca effetti controproducenti o addirittura negativi per il Vecchio Continente.
Il rischio è dovuto al fatto che l’Ue possa assumere una posizione contraddittoria e opposta rispetto al mandato espresso dal Parlamento Europeo, che in più occasioni ha avallato un approccio al tema improntato alla riduzione del rischio e al conseguente riconoscimento del ruolo importante svolto dai prodotti senza combustione nelle strategie di contrasto al fumo convenzionale, a integrazione delle tradizionali politiche di prevenzione e cessazione. La ratio di questo orientamento è facilmente comprensibile: siccome i cittadini europei fumano e secondo le stime continueranno a fumare anche nei prossimi anni, è fondamentale fornire loro delle alternative meno dannose che consentano quantomeno di ridurre i rischi.
Proprio lo scorso mese di novembre, il Parlamento Ue aveva votato in sessione plenaria a favore di un rapporto sulle malattie non trasmissibili orientato in questa direzione. Tra i suoi cardini, infatti, il protocollo ha il sostegno alla riduzione del danno e la condivisione di best practice fra gli Stati membri, ma anche il riconoscimento di una politica basata sull’evidenza, la valutazione dei rischi relativi dell’uso di sigarette elettroniche e prodotti innovativi del tabacco, oltre al riconoscimento della sigaretta elettronica come strumento di cessazione dal fumo. Supportato da studi scientifici che dimostrano come i prodotti senza combustione (e-cig, tabacco riscaldato, snus e bustine di nicotina) – pur non essendo prodotti a rischio zero – possano portate a lungo termine benefici ai loro utilizzatori, quel voto aveva indicato la strada alla Commissione Europea in vista dell’ormai prossima COP.
Peccato però che, nonostante i ripetuti solleciti del Parlamento, l’orientamento della Commissione Europea risulti essere sostanzialmente diverso e allineamento invece alle posizioni dell’Oms, ostile a tutti i prodotti contenenti nicotina, a prescindere dal loro profilo di rischio. Secondo indiscrezioni trapelate sulla stampa, infatti, la Commissione avrebbe trasmesso agli Stati membri una proposta di posizione che rifiuterebbe il concetto di riduzione del rischio. In questo modo, non verrebbe riconosciuta alcuna differenza tra i classici prodotti da fumo e i prodotti di nuova generazione senza combustione, sebbene gli esperti dicano che le differenze ci sono eccome. Cochrane, organismo scientifico riconosciuto a livello internazionale, ha ad esempio concluso che “c’è un’elevata certezza che i tassi di cessazione dal fumo siano più alti nelle persone randomizzate alla nicotina (sigarette elettroniche) rispetto a quelle randomizzate alla terapia sostitutiva con nicotina“.
Secondo le stesse indiscrezioni, la Commissione intenderebbe spogliare il Consiglio dell’Unione Europea e i Parlamenti nazionali degli Stati membri del proprio potere decisionale in merito alla regolamentazione di questi prodotti.E indovinate quale sarebbe uno dei Paesi più gravemente colpiti e penalizzati da questa posizione? L’Italia, ovviamente. Sulle sigarette elettroniche e sul tabacco riscaldato, la nostra nazione ha infatti sviluppato una filiera di migliaia di piccole e medie imprese, con decine di migliaia di addetti coinvolti dal nord al sud dello stivale. Tutto questo sistema virtuoso e proiettato al futuro subirebbe ripercussioni negative, peraltro a motivo di decisioni calate dall’alto e nemmeno espresse da un organismo rappresentativo.
Se la Commissione riuscisse nel suo intento di bypassare il Parlamento, l’operazione risulterebbe in un gravissimo precedente, che potrebbe facilmente essere riproposto su altri temi di particolare interesse quali cibo, vino e alcolici, solo per citarne alcuni. E anche in quei casi, il sistema Italia e le sue eccellenze sarebbero le prime a soffrirne.