Muscolosa e prorompente, con la fama da ribelle della strada, ha fatto sognare gli automobolisti che desideravano una supercar in grado di abbinare l’elegante sportività italiana con l’esuberanza americana. Ovviamente stiamo parlando della De Tomaso Pantera, una “muscle car” in salsa tricolore. E poi, una graziosa e sbarazzina spider a due posti, pensata per godersi la strada a cielo aperto e per specchiarsi con le il sorriso tra le vetrine di un corso, osservando il riflesso di quella silhouette così armonica. In questo caso, la protagonista è la Fiat 124 Spider. Infine, ci sono delle icone provenienti direttamente dall’epoca degli “yuppies”, con il telefono a bordo, gli alzacristalli elettrici, la pelle o l’Alcantara a profusione: Lancia Thema, Fiat Croma e Autobianchi Y10. Ognuna di queste macchine appena elencate ha un elemento in comune, ovvero sia la firma di Tom Tjaarda. Lo straordinario designer americano ha lavorato a questi modelli tanto in prima persona, quanto da supervisore del centro stile che ha sfornato questi gioielli, che sono passati agli annali delle quattro ruote.
Le origini Tom Tjaarda
Tom Tjaarda è figlio dell’olandese-americano Joop van Starkenberg Tjaarda, conosciuto semplicemente come John, celeberrimo designer degli anni ’30, papà della mitica Lincoln Zephir, una delle auto di lusso più famose Oltreoceano. Tom nasce a Detroit il 23 luglio 1934 e, fin dalla tenera età, sembra destinato a seguire le orme del suo caro babbo, data la straordinaria e naturale propensione nei confronti del disegno. Il destino non riserva scherzi al talentuoso giovane, che nel 1958 si laurea in architettura, dove si mette in mostra durante il corso di Industrial Design con una tesi riguardante una vettura familiare. Quello studio sarà il suo biglietto di ingresso per l’olimpo delle quattro ruote, che gli varrà un viaggio di sola andata verso l’Italia, la patria dei motori con stile. Dunque, due mesi dopo la laurea Tom viene assunto dalla Ghia di Torino, allora guidata da Luigi Segre. Sotto alla Mole la mente e la creatività del designer americano toccheranno dei picchi elevatissimi, merito di una serie di progetti sensazionali.
Nel 1962, Tjaarda passa alla Pininfarina, dove rimane per tre anni. Durante quel periodo ha modo di dare il proprio contributo, la propria matita e prestare il proprio occhio, al concepimento di alcune vetture altamente seducenti. La più famosa è senza ombra di dubbio la, già citata, Fiat 124 Sport Spider. Dopo di che, trascorso un periodo agli ordini della OSI, l’americano seguendo il principio del “si torna sempre dove si è stati bene”, approda per la seconda volta alla Ghia che, nel frattempo, ha salutato Giorgetto Giugiaro ed è passata sotto l’egida di Alejandro De Tomaso. Il funambolico imprenditore argentino è un fiume in piena di idee, visioni e sogni. Tra questi esce dal cassetto la Pantera, che porta la firma proprio di Tjaarda. Non sarà l’unica, ce ne saranno altre degne di nota, come la Longchamp e la Deuaville, ma sicuramente è quella più simbolica fra tutte.
L’approdo nel Gruppo Fiat
Nel 1977 Tom Tjaarda entra nella sfera di Fiat, prima con il ruolo di consulente, poi, l’anno successivo viene promosso direttore dell’Advanced Design Studio, dove rimane fino al 1982. Qui supervisiona gli sviluppi stilistici dell’Autobianchi Y10, firmata da Antonio Piovano, e sovrintende la nascita delle mitiche ammiraglie costruite sul pianale “Tipo 4”: Lancia Thema e la Fiat Croma. Nel 1984 passa alla Reyton Fissore, dove ha l’ardire di concepire quello che è uno dei primi SUV di lusso della storia, il Magnum Fissore, oggi quasi del tutto dimenticato ma per l’epoca un oggetto all’avanguardia e precursore di una moda che sarebbe esplosa molti anni dopo.
A Torino apre anche l’atelier che porta il suo nome, chiamato prima Dimensione Design, poi modificato in Tjaarda Design nel 2003. Tra le sue creazioni di quel periodo si annoverano la mitica Aston Martin Lagonda Coupé, la Saab 900 4 porte e, infine, la Fiat Barchetta restyling. Muore nel capoluogo piemontese il primo giugno del 2017, all’età di 82 anni. Tom Tjaarda e le sue figlie su quattro ruote non verrano mai dimenticate, perché spesso sono state un perfetto connubio tra la scuola americana e il tipico stile italiano. Opere immortali destinate a un sicuro spazio dentro al grande libro dell’automobilismo mondiale.