Telephaty, il chip che fa “parlare con il pensiero” dell’azienda di Musk

Telephaty, il chip che fa "parlare con il pensiero" dell'azienda di Musk

Il nome per questo prodotto potenzialmente rivoluzionario non è certo casuale: Telephaty, il primo chip prodotto dall’azienda di Elon Musk chiamata Neuralink e impiantato nel cervello di un uomo in italiano significa telepatia, chiamata anche trasmissione del pensiero, con la quale soltanto ipoteticamente si può comunicare con la mente. E sì, perché il dispositivo consente all’essere umano di “parlare” con un computer o uno smartphone tramite i segnali cerebrali che vengono “tradotti” in parole.

Come funziona Telephaty

Il chip che si impianta nel cervello umano è stato creato per dare modo di comunicare ai pazienti con gravi patologie cerebrali e tetrapelgiche che hanno perso l’uso degli arti come ha spiegato il magnate sul proprio account X. Il mini impianto è formato da 1024 elettrodi che sono distribuiti in 64 fili ultrasottili e flessibili. Ma qual è il meccanismo? Il dispositivo è dotato di una particolare tecnologia in grado di tradurre i segnali cerebrali in parole e scriverle sui pc e telefonini: è composto da una capsula e una batteria. “Chip ed elettronica avanzati, personalizzati e a basso consumo elaborano i segnali neurali, trasmettendoli in modalità wireless all’applicazione Neuralink, che decodifica il flusso di dati in azioni e intenti”, spiegano gli esperti di Neuralink.

Per impiantare il chip nel cervello non è richiesto l’intervento della mano dell’uomo ma soltanto di un robot progettato ad hoc in grado di inserire i 64 fili ultrasottili “in modo affidabile ed efficiente esattamente dove vanno impiantati”. A questp punto, grazie a un’interfaccia, il paziente riesce a comunicare tramite lo schermo con la sola forza del pensiero e i propri cari, o chi sta assistendo il malato, potrà avviare una sorta di conversazione ma anche semplicemente le cose di cui ha bisogno, come si sente, ecc.

“Bisogna essere cauti”

Non è mai facile commentare una notizia scientifica che non sia stata pubblicata su una rivista di settore con tutte le informazioni e i dettagli del caso. L’annuncio dell’impianto cerebrale su di un essere umano è interessante, ma l’entusiasmo che ha suscitato è per ora poco motivato“: è questo uno dei primi commenti di quest’oggi in Italia da parte del professore Paolo Maria Rossini, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’IRCCS San Raffaele di Roma sulla notizia dell’avvenuto impianto del primo chip wireless in un cervello umano realizzato dall’azienda Neuralink di Elon Musk. La parola cautela è d’obbligo perché numerosi tentativi fatti in precedenza sono stati realizzati “con un approccio simile da un punto di vista teorico con impianti di microelettrodi su piastrine inserite chirurgicamente sulle aree motorie, visive e acustiche in varia tipologia di malati e poi perché per ora sappiamo solo che il paziente si sta riprendendo bene dall’intervento e che i contatti tra microelettrodi e neuroni sono funzionanti“, sottolinea il neurologo.

Saranno le prossime settimane che ci diranno davvero se Telephaty funziona e in che modo: se da un lato può aprire la possibilità, a persone completamente paralizzate, di aprirsi nuovamente verso il mondo esterno bisognerà verificare “quante volte il comando inviato dal paziente viene interpretato in modo corretto dall’apparecchio e viene quindi eseguito con efficacia e quanti errori e di quale portata (anche in termini di rischio) esso compie”, sottolinea Rossini. Si dovrà quindi capire l’eventuale interfernza con altre apparecchiature che oggi sono di default negli ambienti domestici ma anche potenziali rischi per la salute del paziente stesso se “la presenza di microelettrodi inseriti in corteccia (cerebrale, ndr) induca una irritazione dei neuroni penetrati dagli elettrodi con relativo aumento del rischio di epilessia“.

Telephaty

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