Pretende i vestiti e ruba il telefonino. Suore e preti denunciano il clochard

Suore e preti derubati nelle corsie del Policlinico

I preti e le suore hanno quei nomi lombardi che non si usano più: suor Cesarina, madre Ganassini. L’uomo in gabbia invece viene da Misterbianco, provincia di Catania e ha la faccia di chi ha sempre puntato sul cavallo sbagliato. Si incrociano ieri mattina, nell’aula del tribunale, con le suore e i preti che una dopo l’altro, a domanda del giudice, indicano l’imputato: «L’è lu, è lui». Ma prima che in tribunale si sono incrociati, e più di una volta, poco lontano: al Policlinico di via Francesco Sforza. Perché don Roberto e gli altri religiosi sono lo staff di Cristo nel grande ospedale, compresa la Mangiagalli, clinica della maternità. E Nicola è uno dei disperati che vagano tra i padiglioni. Un’umanità parallela di cui la città neanche si rende conto, ma ben nota a chi al Policlinico ci vive. «Ho conosciuto il signor Nicola una mattina, come tanti che arrivano, una caterva di gente senza fissa dimora», racconta al giudice una delle suore, seduta sulla sedia dei testimoni. «Il nostro essere qui – spiega – nasce dalla denuncia che abbiamo fatto alla direzione dell’ospedale: sono tanti, sono insistenti e non ci lasciano fare il nostro lavoro».

Nicola è accusato di molestie nei confronti dei preti e delle suore. In carcere c’è finito nel frattempo per altri sbagli della sua vita marginale, una condanna definitiva per tentato furto in appartamento. In piedi, nella gabbia, ascolta sorridendo le testimonianze. Commenta, interrompe, il giudice lo redarguisce, lui chiede scusa. Come sia finito sotto processo non è chiarissimo, a denunciarlo è stato il presidente del Policlinico Marco Giachetti che ieri era atteso per testimoniare; l’avvocato dell’ospedale spiega che Giachetti in realtà non sa nulla, si è limitato a raccogliere i racconti di preti e suore, ma il giudice avvisa, «se non verrà in aula a confermare la denuncia, il processo si estingue». L’avvocato precisa che prima della prossima udienza Giachetti potrebbe venire sostituito alla presidenza. E quindi «boh».

Cosa abbia davvero combinato Nicola non è chiarissimo. «Noi – dice suor Stefania – ci occupiamo dei bisogni dei ricoverati, abbiamo un armadio che chiamiamo armadio dei poveri con gli abiti che distribuiamo agli ammalati. Capita che questi altri, questi senza fissa dimora che girano per l’ospedale, vengano anche loro a chiedere. La prima volta li accontentiamo, ma gli spieghiamo che non è quello il luogo, che devono andare altrove». «All’inizio Nicola non era insistente, poi c’è stato uno scollinamento. Ha iniziato a pretendere, a dirci che secondo il Papa dovevamo dare ai poveri il venti per cento delle offerte. Lui disse: ci saranno delle ritorsioni. Poco dopo trovammo l’ingresso della chiesa cosparso d’olio». Un’altra volta, dicono, minacciò di incendiare dei fogli di carta. Un giorno andò a parlare con uno dei preti e quando se ne andò il telefono del prete era sparito. «Non cose aggressive, ma dispetti reiterati». «Una volta voleva il caffè e i biscotti, un’altra la nostra auto». «Allora siamo andati dalla direzione e abbiano detto che non ci sentivamo tutelati». «Ci diceva delle parolacce». «Mi faceva male quando mi diceva: proprio tu che sei una suora non fai la carità».

E come lui ce ne sono tanti.

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