Da quando gli Houthi hanno iniziato ad attaccare le navi che transitano attraverso il Mar Rosso, il commercio globale è stato travolto da una valanga di preoccupazioni. Molte compagnie di navigazione hanno smesso di utilizzare la rotta che porta al Canale di Suez, adottando opzioni alternative (vedi Capo di Buona Speranza) ma facendo schizzare verso l’alto il costo dei trasporti. Attenzione però, perché se i ribelli yemeniti hanno preso di mira i mezzi occidentali, lo stesso non accadrebbe con le navi russe e cinesi. Per quanto riguarda la Cina, poi, gli Stati Uniti avrebbero chiesto a Pechino di esortare l’Iran a tenere a freno i ribelli Houthi nel tentativo di evitare l’escalation in Medio Oriente, incontrando però pochi segnali di aiuto da parte del Dragone.
La Cina nella crisi del Mar Rosso
Secondo quanto riportato dal Financial Times, negli ultimi tre mesi i funzionari hanno ripetutamente sollevato la questione con i massimi funzionari cinesi, chiedendo loro di avvertire l’Iran di non infiammare le tensioni in Medio Oriente dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre contro Israele. Pare che il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan e il suo vice, Jon Finer, abbiano discusso la questione negli incontri avvenuti questo mese a Washington con Liu Jianchao, capo del dipartimento internazionale del Partito comunista cinese.
Da quanto emerso, i funzionari statunitensi ritengono che ci sarebbero poche prove sul fatto che la Cina abbia effettivamente esercitato pressioni sull’Iran per frenare gli Houthi, al di là di una mite dichiarazione rilasciata da Pechino la scorsa settimana che invitava le “parti interessate” a garantire un passaggio sicuro per le navi che navigano attraverso il Mar Rosso. Ma che cosa c’entra il governo cinese in un simile scenario? Gli Houthi sono sostenuti dall’Iran, che a sua volta negli ultimi anni ha intrattenuto legami commerciali e diplomatici profondi con la Cina.
La mossa di Pechino e le richieste degli Usa
John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa, ha affermato che Washington apprezzerebbe un ruolo costruttivo della Cina. “Potrebbe sfruttare l’influenza che sappiamo avere e contribuire ad arginare il flusso di armi e munizioni verso gli Houthi”, ha dichiarato Kirby. Secondo quanto riportato da Reuters, Pechino avrebbe fatto qualche passo in avanti. Nello specifico si sarebbero tenute discussioni sugli attacchi nel Mar Rosso e sul commercio tra Cina e Iran nel corso di svariati e recenti incontri andati in scena tra Pechino e Teheran.
“Fondamentalmente, la Cina dice: ‘Se i nostri interessi vengono danneggiati in qualche modo, ciò avrà un impatto sui nostri affari con Teheran. Quindi dite agli Houthi di mostrare moderazione’“, ha detto un funzionario iraniano informato sui colloqui. Ricordiamo che gli attacchi, che i ribelli yemeniti inscenano per sostenere i palestinesi di Gaza, hanno aumentato i costi di spedizione e di assicurazione, interrompendo una rotta commerciale chiave tra l’Asia e l’Europa ampiamente utilizzata anche dalle navi provenienti dalla Cina.
Il New York Times ha intanto attaccato il Dragone. Invece di agire come il leader globale che pretende di essere – hanno scritto Isaac Kardon e Jennifer Kavanagh – la Cina non ha fatto alcuna mossa apprezzabile per sostenere i costi o i rischi legati alla sicurezza nel Mar Rosso, nonostante abbia la sua unica base militare dichiarata oltremare a Gibuti, adiacente allo stretto, né ha offerto pubblicamente una valida alternativa alle azioni americane. “Sembra invece accontentarsi di sedersi e offrire critiche velate alla risposta militare statunitense”, ha tuonato il quotidiano statunitense.
La crisi del Mar Rosso, secondo questa chiave di lettura, distoglierebbe gli Stati Uniti dal concentrarsi sull’Asia, dando alla Cina il tempo di schierare le proprie capacità nel Pacifico occidentale e presentandosi al tempo stesso come una potenza benevola che non si intromette negli affari degli altri Paesi. Nel frattempo, mentre le grandi compagnie di navigazione girano al largo dal Mar Rosso, la Lloyd’s List Intelligence ha fatto sapere che diversi armatori battenti bandiera cinese hanno cambiato le loro rotte abituali per passare dall’area minacciata dagli Houthi, sfruttando in particolare gli scali di Doraleh a Gibuti, Hodeidah nello Yemen e Gedda in Arabia Saudita.