Erano gli anni Cinquanta del ’900. Un gruppo di giovani artisti – per reazione – decise di formare il Movimento dell’arte nucleare, dopo le atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Tra i soggetti della loro pittura, pensando alla distruzione delle bombe: la frammentazione e la disintegrazione della materia. Curiosità, una delle mostre del Movimento fu al centro San Fedele di Milano. Enrico Baj (1924-2003), uno dei fondatori; ora ricorre il centenario della sua nascita. Un’occasione per riparlare di lui e del gruppo che lo accompagnò.
E allora (dopo gli eventi su Ligabue, Guttuso, Manzù, Depero e Munari) il MUST Museo del territorio, a Vimercate – via Vittorio Emanuele II – adesso ospita un evento dedicato proprio al grande artista milanese. La mostra «Bum! Enrico Baj e l’arte nucleare» – fino al 5 maggio – presenta una selezione di opere «prestate» da collezioni e gallerie private all’ente, un percorso che indaga la figura di Enrico Baj e degli artisti che con lui vollero operare un rinnovamento della pittura. Una storia affascinante: in un clima di fermento culturale, Baj e Sergio Dangelo, nel 1952, fondarono proprio a Milano il Movimento nucleare; nome che chiaramente si collega a un’epoca in cui rischi e potenzialità dell’energia atomica erano più che mai attuali. Sulla scorta delle esperienze di Gianni Dova e dello Spazialismo e rimeditando la lezione surrealista, i due artisti proposero una nuova via tra scienza e istinto, impulsività e rigore, attitudine ludica e impegno. Sperimentando tecniche e nuovi materiali, aprirono all’arte nuove possibilità, diventando riferimenti per le generazioni successive. La mostra è a cura di Simona Bartolena, che nella sua presentazione considera: «Baj e Dangelo ricordano più volte nei loro scritti la libertà e la spregiudicatezza con cui si muovevano all’epoca della fondazione del Movimento nucleare». Una libertà preziosa, che lasciava le loro menti e la loro creatività andare a briglia sciolta. A Bartolena piace partire proprio da qui, «per ricordare innanzitutto un momento straordinario della scena artistica italiana (del capoluogo lombardo in particolare)».
Dopo Munari, questa, un’altra testimonianza di quanto preziosa sia la possibilità di lavorare senza paletti o costrizioni. «E non è un caso che Joe Colombo il terzo pittore del Movimento prosegue l’esperta – sia diventato poi un designer geniale», proprio sulle tracce di Munari. Con una attenzione a Baj, che dei tre è il più noto, l’esposizione restituirà non solo personalità artistiche, ma «anche un momento storico meraviglioso per l’arte italiana ed europea» (informazioni sul sito: www.museomust.it).