L’impresa di Jannik Sinner in terra d’Australia con il primo Slam della carriera vinto con una gara meravigliosa e storica contro il russo Daniil Medveved in rimonta è stata celebrata anche da Papa Francesco nella mattina di lunedì 29 gennaio: l’occasione è stata un’udienza in Vaticano mentre ha ricevuto una delegazione del Real Club de Tenis Barcelona con la quale ha parlato del parallelismo della sfida tennis e vita.
Le parole del Papa
Come spesso capita, il Papa è andato per un momento a braccio prima di spiegare la sua riflessione ai presenti complimentandosi con gli italiani per la vittoria agli Australian Open: il riferimento è chiaramente a Sinner ormai diventato l’emblema della nazione. Insomma, un altro importante riconoscimento per il numero uno del tennis italiano che probabilmente non pensava di ricevere le congratulazioni anche dalla massima carica ecclesiastica della Chiesta Cattolica sulla Terra.
Sul significato dello sport, in questo caso del tennis che può essere individuale o di coppia “sembrerebbe che la sfida tra giocatori abbia a che vedere soprattutto con il desiderio di prevalere sull’avversario”, ma “in realtà, fin dalla sua origine inglese, è espressione dell’apertura dei fondatori a ciò che di buono poteva venire dall’esterno e a un dialogo con altre culture”, si legge su Vatican News.
Il tennis e la metafora della vita
Papa Francesco, visto che la tematica del giorno è ovviamente quella tennistica, spiega che in questo sport ma anche nella vita “non possiamo vincere sempre, ma sarà una sfida che arricchisce se, giocando in modo educato e secondo le regole, impareremo che non è una lotta ma un dialogo che implica il nostro sforzo e ci consente di migliorarci”. Bergoglio sottolinea che ogni tipo di sport deve essere concepito non soltanto per combattere, vincere e primeggiare ma anche e soprattutto come dialogo con l’avversario. “C’è un dialogo che, nel caso del tennis, spesso diventa artistico“, sottolinea.
Per il Santo Padre è un insegnamento sul quale si dovrebbe riflettere in maniera più estesa guardando dentro sé stessi. “Nel campo di gioco, come in quello dell’esistenza, a volte ci sentiamo soli, altre volte sostenuti da chi gioca con noi questa partita della vita. Ma, anche quando giochiamo ‘singoli’, siamo sempre alla presenza del Signore che ci insegna che cosa significa il rispetto, la comprensione e il bisogno di una comunicazione costante con l’altro“.
La chiosa finale finale riguarda la considerazione umana e spirituale quando nello sport si lavora con i bambini “che sognano un futuro sportivo di eccellenza” perché “lo sport deve aiutare in questo”, e sottolinea che “le esigenze dell’allenamento non possono prevalere sulla loro crescita integrale”.