Hachiko – Il tuo migliore amico è il film drammatico tratto da un’incredibile storia vera che va in onda questa sera alle 21.15 su La5. La storia rappresenta forse l’esempio più famoso della lealtà dei cani nei confronti dei padroni e, più in generale degli esseri umani. Una storia toccante che riesce a commuovere a ogni passaggio televisivo.
Hachiko – Il tuo migliore amico, la trama
Parker Wilson (Richard Gere) è un professore universitario che ha una vita tutto sommato tranquilla e che vede la sua quotidianità essere stravolta dall’incontro con un cane di razza Akita, nei pressi della stazione che l’uomo frequenta ogni giorno per raggiungere l’ateneo dove lavora. Parker, trovandosi davanti un cane di razza pregiata, cerca di mettersi alla ricerca del proprietario, ma quando nessuno si fa avanti per reclamare il cucciolo, l’uomo decide di tenersi il cane e di chiamarlo Hachiko. Nonostante non sia un cane facile da gestire o da intrattenere, Hachiko dimostra sin da subito gratitudine e affetto per il professore, che comincia ad aspettare ogni giorno all’uscita della stazione. Ben presto, però, le cose cambiano e una tragedia cambia l’ordine delle cose.
Quando i cani sono diventati esempi di lealtà
Penelope che si lasciò morire
La storia di Hachiko è una storia senza dubbio incredibile e commovente, ma non è l’unico racconto reale incentrato sulla fedeltà di un cane nei confronti del “suo” essere umano. Uno dei più noti casi di fedeltà canina avvenuto in Italia è quello del 2015 raccontato dal sito dell’Ansa. Protagonista è un Pinscher nano di nome Penelope, che è diventata famosa per non essere riuscita a sopravvivere alla morte del suo padrone. Secondo il resoconto, infatti, il proprietario di Penelope era un uomo di ottantadue anni, che morì di colpo per cause naturali all’interno del suo appartamento. Penelope, che all’epoca aveva 10 anni, invece di abbaiare e segnalare le proprie necessità e chiedere aiuto per se stessa, decise di sdraiarsi accanto al suo migliore amico umano, vegliandone l’ultimo viaggio fino a morire lei stessa, quasi sicuramente per la fame e la mancanza di acqua. I due vennero ritrovati solo qualche giorno dopo da membri della famiglia che erano stati allertati da una vicina di casa, preoccupata perché da giorni ormai non vedeva più l’anziano signore uscire insieme alla sua fedelissima Penelope.
Tommy e l’attesa in chiesa
Come si legge su Vanity Fair, Hachiko non è stato l’unico cane che è tornato ogni giorno ad aspettare il ritorno del proprio padrone. La storia di Tommy è simile: il cane, infatti, è tornato ogni giorno nella chiesa di San Donaci, in provincia di Brindisi, nella speranza di poter incontrare di nuovo Maria Lochi, la sua padrona. La scelta della chiesa come luogo d’incontro è dovuta al fatto che Tommy, che all’epoca aveva già dodici anni, aveva accompagnato la sua padrona proprio in quella chiesa per il suo ultimo viaggio: nella chiesa di San Donaci, infatti, era stato celebrato il funerale della donna. Dopo aver atteso il ritorno dell’amata Maria per giorni, però, Tommy probabilmente comprese che la sua padrona non sarebbe più tornata: morì qualche mese dopo.
Fido, l’Hachiko italiano
Anche se nell’immaginario collettivo è Hachiko il cane-simbolo della fedeltà, forse non tutti sanno che la sua storia è molto simile a quella di Fido, che è considerato a tutti gli effetti l’Hachiko italiano. Come si legge su GreenMe, Fido venne trovato nel 1941 da Carlo Soriani, un operaio di una piccola frazione di Borgo San Lorenzo, in Toscana, che tirò fuori il cane dal fosso in cui era caduto e lo curò presso la propria abitazione. Proprio come nella storia portata sul grande schermo con Richard Gere, Fido accompagnava ogni mattina il suo nuovo padrone alla fermata dell’autobus e ogni sera sera aspettava, nello stesso luogo, il suo ritorno. Il 30 dicembre 1943, però, Carlo fu una delle cento vittime accertate di un bombardamento che colpì Borgo San Lorenzo. Da quel terribile giorno e per i quattordici anni successivi, Fido continuò imperterrito ad aspettare il ritorno di Carlo, fino al 8 giugno 1958, quando anche il cane spirò.
Faith, che chiamò il 911
La lealtà e l’amore incondizionato che un cane può dare al proprio padrone non si palesa solo attraverso l’attesa del ritorno, ma anche nella capacità di salvargli la vita. È il caso di Faith, un Rottweiler che, nel 2004, salvò la vita alla sua padrona Leana Beasley. di quarantacinque anni. A raccontare la sua storia è la CBS, che racconta di come Leana fosse caduta dalla sua sedia a rotelle, alla quale era costretta anche a causa delle sue gravi crisi epilettiche. A quel punto il suo cane, di appena quattro anni, è andato al telefono. Faith, addestrata a chiamare aiuto attraverso un pulsante d’emergenza posto sull’apparecchio, schiacciò con il naso il bottone collegato al 911 e cominciò a guaire in modo continuo, finché l’agente dall’altra parte del capo comprese che c’era qualcosa che non andava. Quando venne mandata una squadra, Faith riuscì ad aprire la porta agli agenti, che ebbero così modo di salvare la vita di Leana.
Huacito, che non riusciva a elaborare il lutto
Se da una parte ci sono molte storie di cani che tornano nel luogo in cui erano abituati ad aspettare il proprio migliore amico, ci sono anche cani che non sono mai riusciti a superare la perdita. È il caso, ad esempio, di Huacito, un cane di una città boliviana che ogni giorno tornava nello stesso luogo in cui il suo padrone aveva perso la vita a seguito di un gravissimo incidente stradale, in moto.
Roselle e Salty, gli eroi dell’11 settembre
Quando avvengono grandi tragedie, spesso i cani sono i primi agenti di salvataggio che vengono portati sul luogo, nella speranza che il loro fiuto e il loro addestramento aiuti a salvare coloro che, ad esempio, sono intrappolati sotto le macerie o in un palazzo in fiamme. Come riporta il Mirrors, ha fatto scalpore la storia di Roselle, un cane guida che è riuscita a guidare il suo proprietario, il non vedente Michael Hingson, portandolo via dal 78° piano della Torre Nord, fino alla fermata della metropolitana per tornare a casa, per un totale di 1469 scalini. Salty, invece, era il cane guida di Omar Rivera, riuscì a salvare il suo padrone e i suoi colleghi, portandoli via dal 71° piano, guidandoli attraverso il fumo che rendeva difficile vedere più in là del proprio naso.