Multiculturalità e movida. Le mille cucine di NoLo

Multiculturalità e movida. Le mille cucine di NoLo

NoLo. North of Loreto. Il primo quartiere di seconda generazione di Milano, in cui l’adozione del topo-acronimo in stile newyorkese è andato a braccetto con la gentrificazione di una zona fino a un decennio fa piuttosto losca e oggi invece a dir poco variegata: tunnel ferroviari e coworking, movida ed extracomunitari, street art e cinema d’essai. Insomma, quella tra via Padova e via Monza è una nuova centralità anche gastronomica. Ecco i posti migliori dove mangiare.

Manna. Ormai un classico del quartiere questo locale in piazzale Governo Provvisorio, al numero 6, guidato dal talento corrosivo e ruvido di chef Matteo Fronduti, che propone una cucina hardcore, pochissimo accomodante, frutto di percorsi di ricerca molto personali. Tre percorsi, il breve Quindici (quattro portate, 76 euro), L’Altro (sei portate a 94), Porcherie (otto a 112), quest’ultimo particolarmente ardito. Il Grasso di manzo arrosto, sgombro marinato, leche de tigre e arachidi è memorabile. Il locale è stato recentemente ristrutturato ed è assai elegante, pur se sempre brutalista. Come lo chef.

Le Nove Scodelle Proprio all’inizio di NoLo, quando piazzale Loreto si è appena trasformato in viale Monza (siamo al numero 4) uno dei più noti ristoranti new chinese di Milano. Atmosfera minimale ed elegante, pochi piatti in carta e tutti serviti in scodelle di varie misure, la cucina del Sichuan di una piccantezza inconsueta per i nostri palati, colori brillanti e molto gradevoli. I nostri preferiti? Il pollo kongbao in salsa agrodolce con anacardi e cipollotto, le Puntine di maiale con macinato di riso speziato, i Gamberoni sale e pepe.

Tipografia Alimentare. A Nord di NoLo, tra Turro e Gorla, vicino al Naviglio della Martesana, un bistrot e food hub che trae ispirazione dal mondo della stampa (una delle titolari, Carla De Girolamo, è stata giornalista per tre decenni). Cucina di moderata ricerca, laboratorio di fermentazione, abbinamenti osé, vini naturali, ma soprattutto un luogo in cui il sorriso è sempre in carta. In via Dolomiti, 1.

Silvano. Un locale nato dall’ispirazione «jannacciana» di Cesare Battisti, grande oste di Ratanà, che in questo locale al numero 2 di piazza Morbegno nel settembre scorso propone una cucina di forno e di bancone orchestrata dal bravo Vladimiro Poma. Non ci sono fornelli ma solo un forno da cui esce perfino l’insalata russa (buonissima).

Mosso. Un ristorante-bar vicino al Parco Trotter (al numero 3 di via Angelo Mosso) che è il cuore di un progetto di rigenerazione frutto di collaborazione tra istituzioni e privati che è anche tante altre cose. La proposta gastronomica è molto ricca ma il punto forte sono le pizze, classiche e ben fatte (buonissima la Salsiccia e funghi). Il resto del menu è classico, dagli Ziti alla genovese all’Involtino di verza.

Mezzè. In via Varanini 9 un lcoale che unisce la cultura gastronomica pugliese alla tradizione libanese delle porzioni piccole, citate nell’insegna. Un luogo votato alla condivisione, all’accoglienza, alla cucina vegana e vegetariana ma senza troppi steccati.

Da Abele. In un quartiere totalmente rimescolato durante l’ultimo decennio, uno dei pochi punti fermi è questa trattoria in via della Temperanza al numero 5, che nel 1979 prese il posto (ma conservò l’anima) di un vecchio «trani» con bocciofila. La specialità sono i risotti (ce ne sono sempre tre, uno di carne, uno di pesce e uno vegetale) ma il menu cambia ogni giorno ed è sempre ricco di spunti tradizionali e ben eseguiti.

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