Tangenti, abusi, epidemie: tutti gli scandali dell’Onu

Tangenti, abusi, epidemie: tutti gli scandali dell'Onu

Quando, alla fine della Prima Guerra Mondiale, Woodrow Wilson promosse in lungo e in largo il progetto della Società delle Nazioni, si augurava la nascita di un “governo del Mondo” che potesse davvero funzionare e impedire uno scempio come lo era stato la Grande Guerra. Tuttavia, egli morì senza veder raggiunto il suo obiettivo. Dopo un altro conflitto mondiale, la nascita delle Nazioni Unite, nell’estate del 1945, sembrò segnare un passo decisivo per il diritto internazionale e la prevenzione dei conflitti. Nonostante la Guerra Fredda abbia messo in evidenza tutti i limiti del sistema, primo fra tutti il potere di veto, sono stati anche i numerosi scandali a svilire un’istituzione che si prefiggeva un fine altissimo. Ultimo, ma non ultimo, quello che sta coinvolgendo l’Unrwa, accusata di aver sostenuto l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso.

Quando l’Iraq fece tremare le Nazioni Unite: lo scandalo Oil-for-food

Al di là delle perenni critiche sul sistema, quella sulla malagestione degli aiuti, l’accusa sempreverde di unilateralismo, è nel 1995 che per la prima volta il Palazzo di Vetro rischiò di infrangersi in mille pezzi.

Lo scandalo riguardava il programma Oil for food (Risoluzione n.986), che aveva consentito all’Iraq di vendere petrolio sul mercato internazionale, per accedere a cibo, medicine e altri generi di prima necessità eccetto, ovviamente, armamenti e simili. Il programma ebbe inizio nel 1996, per terminare poi nel 2003 in concomitanza con l’invasione dell’Iraq, che mise in evidenza lo schema corruttivo che ne aveva inquinato l’efficacia e la credibilità, dopo una serie di dimissioni di personaggi di alto profilo.

Un’indagine concluse che il capo del programma Benon Sevan aveva accettato tangenti in cambio del sostegno a una compagnia petrolifera alla ricerca di contratti. L’indagine dimostrò, inoltre, che vi erano state vendite illegali di petrolio a Giordania e Turchia. L’inchiesta che ne venne fuori, portò a una sequela di arresti in giro per il mondo: il Congresso Usa valutò che l’intero circolo vizioso aveva procurato un giro di affari di oltre 10miliardi di dollari.

Stupri, pedofilia e abusi sessuali da parte del personale delle Nazioni Unite

Ma lo scandalo peggiore che possa avere mai coinvolto le Nazione Unite, è quello legato agli abusi sessuali su minori, segnalati in diversi Paesi attanagliati dai “nuovi” conflitti. In numerose realtà in transizione, osservatori e stampa avevano, infatti, spesso notato che l’arrivo delle forze Onu-caschi blu ma non solo-corrispondeva sempre a un’impennata nei tassi di prostituzione minorile. Da lì, il sospetto che le squadre delle Nazione Unite non fossero la soluzione, bensì il problema. Nel 2004 un rapporto di Amnesty International, aveva puntato il faro sul Kosovo. Soprattutto sul giro d’affari della prostituzione di cui sembrano aver beneficiato contingenti sia della Nato che dell’Onu, concludendo che la presenza internazionale nella provincia, divenuta poi indipendente, alimentasse l’80% del reddito di sfruttatori e protettori, creando un’escalation nei flussi della tratta di donne dall’est Europa senza precedenti. Stessa cosa dicasi per il conflitto in Bosnia.

Nel 2017 fu l’Associated Press a rivelare in un report che, nei dieci anni precedenti, vi erano state almeno duemila denunce di abusi e sfruttamento sessuale nei confronti del personale delle Nazioni Unite in tutto il mondo. Il report di AP mirava soprattutto a denunciare un giro di pedofili che i peacekeeper Onu avevano mantenuto in piedi per circa un decennio ad Haiti dopo la fuga di Aristide: decine e decine di uomini appartenenti alle forze internazionali di pace, avrebbero abusato di bambine e bambini appena sopra i 12 anni con la promessa di qualche dollaro e cibo. Ma i racconti sono ben più agghiaccianti dell’immaginazione. Fra le accuse alle forze in loco, stupri di gruppo, sevizie di ogni genere. I nomi dei responsabili non sono mai venuti fuori e nessuno di loro ha scontato un giorno di carcere, perchè l’Onu non ha giurisdizione sulle “sue” forze, che resta nelle mani dei singoli Paesi membri. Accuse simili hanno riguardato il personale in Congo, Somalia, Repubblica Centrafricana. Dal canto proprio l’Onu ha cercato di fronteggiare quest’onta, pubblicando a partire dal 2015 le nazionalità dei soldati accusati di questi orribili crimini, istituendo inoltre un fondo fiduciario per l’assistenza alle vittime, ma soprattutto incorporando il personale a difesa e tutela di esse nelle missioni di mantenimento della pace.

L’epidemia di colera ad Haiti

Nel novero degli scandali che hanno coinvolto le Nazioni Unite, Haiti ricorre più volte. Poco dopo il disastroso terremoto del 2010, nell’isola si diffuse una terribile epidemia di colera, considerate una delle più grandi e virulente dell’epoca contemporanea. Sulle prime, le cause della diffusione del batterio furono imputate dall’impauperimento delle condizioni igienico-sanitarie che spesso si verifica dopo catastrofi del genere. Ma bastò poco ai ricercatori e ai medici incaricati di studiare il caso, che il vibrio cholerae era stato introdotto dal personale Onu che aveva riversato i propri liquami nel fiume Meille, lo stesso che i locali usavano per bere e lavarsi. Per sei anni, dal Palazzo di Vetro, è stato fatto ostruzionismo mentre migliaia di haitiani morivano in mezzo a sofferenze indicibili. Il sabotaggio delle indagini trovava apparente ragione nel fatto che, poiché le Nazioni Unite di per sè non sono un “soggetto imputabile”, i risarcimenti-considerabili anche essi a stregua di “mantenimento della Pace”-avrebbero dovuto essere a carico dei Paesi di origine dei singoli contingenti. In questo caso buona parte delle responsabilità si annidò sul Nepal, i cui militari provenivano da un’area con un’epidemia in quel momento attiva, e che non si erano sottoposti a screening preventivo. Una “leggerezza” criminale che è costata quasi 900mila contagi e circa 10mila vittime.

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