I guai legali di Donald Trump tornano al centro della scena e diventano protagonisti anche della campagna elettorale. Venerdì l’ex presidente americano è stato condannato in sede civile a New York a pagare la cifra astronomica di 83,3 milioni di dollari a Jean Carroll per i suoi commenti diffamatori sulla scrittrice, e nei prossimi giorni potrebbe arrivare una nuova batosta (sempre nella Grande Mela) nel caso degli asset gonfiati della Trump Organization, in cui il tycoon rischia oltre 370 milioni di dollari di potenziali sanzioni e che gli venga vietato di fare affari nell’Empire State.
Per ora, tuttavia, è la condanna nel procedimento Carroll a tenere banco: la giuria ha accordato il risarcimento per aver diffamato la donna negando nel 2019 – quando era presidente – un’aggressione sessuale di quasi 30 anni fa in un grande magazzino di Nyc. La somma è molto più alta di quella attesa, ma soprattutto di quella richiesta dalla difesa di Carroll, pari a 24 milioni, mentre i periti avevano stimato i danni tra i 7 e i 12 milioni. Trump ha definito la decisione «assolutamente ridicola», promettendo di fare «appello contro questa caccia alle streghe diretta da Joe Biden contro di me e il partito repubblicano». «Il nostro sistema legale è fuori controllo e viene utilizzato come arma politica. Hanno eliminato tutti i diritti del Primo Emendamento. Questa non è l’America», tuona su Truth.
Il verdetto assesta un brutto colpo all’ex presidente anche agli occhi dell’elettorato femminile, ma allo stesso tempo potrebbe diventare un’arma per la strategia di The Donald di dipingersi come un perseguitato dalla giustizia. I rivali, in ogni caso, cavalcano la vicenda, a partire da Nikki Haley, che lo prende di mira affermando che «vuole essere il presunto candidato repubblicano, ma stiamo parlando di 83 milioni di dollari di danni. L’America può fare meglio di Trump e Biden». L’ex governatrice della South Carolina continua a sostenere che i guai giudiziari dell’avversario di partito siano una distrazione dai problemi del Paese. Mentre Biden lo provoca usando lo slogan della campagna dell’ex first lady Melania contro il cyberbullismo: «Be best» (essere migliori), scrive su X.
L’attuale comandante in capo e il suo predecessore, intanto, si scontrano sulla dossier immigrazione, uno dei cavalli di battaglia di Trump. In Congresso prosegue la battaglia per un’intesa sul confine che sblocchi anche i fondi per Ucraina, Israele e Taiwan. Biden sfida i repubblicani perché approvino un disegno di legge bipartisan frutto di negoziati che rappresentano «l’insieme di riforme più dure e giuste che abbiamo mai avuto nel nostro Paese per proteggere il confine» col Messico. E si dice pronto ad usare subito i nuovi poteri di emergenza previsti «per chiudere la frontiera quando viene sopraffatta» dai migranti. Una mossa rischiosa che potrebbe scatenare l’ira dell’ala liberal del partito, ma su cui lui punta per mettere il Gop con le spalle al muro. Trump, d’intesa con lo speaker della Camera, boccia i negoziati e preme sul Congresso perché non approvi alcuna intesa: «Un cattivo accordo sui confini – dice – è molto peggio di nessun accordo».