“Kim Jong Un ha preso la decisione strategica di andare in guerra”, scrive il sito 38 North. “Il leader della Corea del Nord potrebbe lanciare qualche forma di azione militare letale contro la Corea del Sud nei prossimi mesi”, afferma il New York Times. Le ultime analisi sulle intenzioni del dittatore nordcoreano arrivano a poche settimane dal discorso di fine anno in cui Rocket Man, il soprannome affibbiatogli dall’ex presidente Donald Trump, ha dichiarato che un conflitto potrebbe scoppiare “nella penisola coreana in qualsiasi momento”. Ma quanto è davvero stabile l’ultimo vero regime comunista del pianeta e cosa potrebbe impedire a Kim di premere il temuto pulsante rosso? Newsweek ha provato a fornire una risposta consultando esperti e stilando una lista di scenari. Possibili ma, al momento, improbabili. O, importante postilla, così sembrerebbe in base alle informazioni in nostro possesso.
La morte o la congiura di palazzo
Il dittatore è sulla quarantina e secondo le cronache non gode di uno stato di salute ottimale. Le sue assenze dalla scena pubblica e il peso oscillante hanno spesso alimentato voci su problemi legati alla gotta, al diabete e al Covid. La sua puntuale ricomparsa ha però smentito tali indiscrezioni rinnovando la coltre di mistero che aleggia sulla sua figura e sul regno eremita.
Comunque, in caso di improvvisa scomparsa del Maresciallo a prendere il suo posto potrebbero essere la sorella Kim Yo Jong, già ritenuta seconda in comando e spesso in prima linea in cerimonie ufficiali, oppure la sua giovane figlia Kim Ju-ae. Frank Aum, esperto dello U.S. Institute of Peace, ricorda però che anche se Yo Jong “è parte della famiglia e ha esperienza negli affari di governo e in quelli esteri non è chiaro se sarebbe in grado di superare la forte dominanza maschile” presente nel sistema di potere nordcoreano.
Oltre alla morte improvvisa del dittatore un’altra ipotesi presa in considerazione dalla rivista americana è quella, altrettanto improbabile, di una rivolta interna. La presa del regime totalitario sulla popolazione è granitica e difficilmente si potrebbe assistere a proteste per le strade del Paese. Per Scott Snyder, analista del Council on Foreign Relations, un “golpe di palazzo” sarebbe invece l’unica vera forma di minaccia domestica per Kim il quale, come dimostrato con l’eliminazione di suo zio avvenuta una decina di anni fa, ne è consapevole e sino ad ora è riuscito ad impedire che altre fonti di dissenso ostacolassero il suo dominio.
Le influenze esterne
La Corea del Nord ha affrontato con il pugno di ferro l’epidemia di Covid anche se il prezzo pagato dalla popolazione potrebbe essere stato molto alto. Il “virus” che però il regime teme di più è quello che potrebbe arrivare dall’esterno attraverso l’adesione a forme economiche occidentali o di capitalismo “alla cinese”. Per gli esperti se Kim volesse seguire la strada intrapresa da Deng Xiaoping dovrebbe corteggiare gli investitori esteri attraverso l’approvazione di riforme. L’apertura al mondo esterno potrebbe rivelarsi a quel punto fatale.
La dipendenza di Pyongyang da Cina e Russia è un altro fattore da tenere d’occhio. Senza il loro sostegno la popolazione morirebbe di fame e le attività economiche crollerebbero. Il legame di Pyongyang con Mosca e Pechino dopo la guerra in Ucraina si è rinsaldato e adesso pende a favore dei nordcoreani. “Questo è con tutta probabilità il più grande game changer degli ultimi sei mesi” spiega Andrew Yeo del Brookings Institution. Poco realistico sarebbe quindi aspettarsi la fine di tali alleanze sempre più utili in chiave anti-americana.
Lo scenario nucleare
Nelle ultime settimane il regime ha incrementato la retorica ostile nei confronti della Corea del Sud. Nel 2022 le spese militari sarebbero state pari ad un terzo del Pil del Paese e tutto sembrerebbe indicare che un conflitto sia imminente. I commentatori sottolineano però che l’esercito nordcoreano non ha la stessa preparazione ottenuta da Seul attraverso la sua collaborazione e le esercitazioni con gli Stati Uniti. “Una guerra generale ucciderebbe molte persone nel Sud ma segnerebbe la fine di Kim Jong Un” sostiene Peter Ward, ricercatore alla Kookminh University di Seul.
La vera assicurazione alla stabilità e resistenza del regno eremita resta il suo arsenale atomico. Infatti, finché permane il deterrente nucleare la Corea del Nord è destinata a non essere attaccata dai suoi nemici esterni. Se invece il Maresciallo dovesse decidere di fare ricorso alle armi nucleari il suo potere crollerebbe all’istante come un castello di carte spazzato dal vento.