Urne chiuse in Finlandia, dove quasi 4,5 milioni di elettori sono stati chiamati a scegliere il nuovo presidente. Dopo lo spoglio del 99% delle schede, fonti ufficiali hanno confermato che l’ex premier e candidato dei conservatori Alexander Stubb andrà al ballottaggio l’11 febbraio con il rappresentante dei verdi Pekka Haavisto, ministro degli Esteri dal 2019 al 2023. Nessuno dei due, infatti, è riuscito a raggiungere il 50% delle preferenze necessario a ottenere la carica di capo dello Stato: Stubb si è fermato al 27.1%, mentre Haavisto al 25.8%. Oltre ai due che si sfideranno nel secondo turno di votazioni, alle elezioni hanno partecipato altri sette candidati, tra cui l’esponente di estrema destra Jussi Halla-aho, il governatore della banca di Finlandia Olli Rehn e la socialdemocratica Jutta Urpilainen, commissario europeo per le associazioni internazionali.
Alexander Stubb appartiene al partito Kokoomus, da cui provengono anche l’attuale primo ministro Petteri Orpo e il presidente uscente Sauli Niinisto, in carica per due mandati negli ultimi 12 anni. L’uomo è tornato sul palcoscenico politico del Paese scandinavo dopo sette anni come vicepresidente della Banca europea per gli investimenti e professore dello Iue (Istituto universitario europeo). In passato ha ricoperto la carica di capo del governo ed è stato ministro per tre volte. Pekka Haavisto, invece, si è candidato alla presidenza per la terza volta consecutiva, dopo essere arrivato secondo nelle due tornate precedenti. Storico leader dei verdi e primo aspirante capo dello Stato finlandese dichiaratamente gay, si è presentato come indipendente nel tentativo di aggiungere ai voti della sinistra ambientalista anche quelli di altri settori progressisti e liberali. È stato titolare del dicastero degli Esteri nella precedente legislatura e uno dei protagonisti della fulminea entrata del Paese nella Nato.
Proprio l’appartenenza all’Alleanza atlantica è uno dei punti fondamentali che determineranno la politica del futuro presidente. I finlandesi, infatti, si sono recati alle urne in un clima di tensione con la Russia, con cui la nazione scandinava condivide un confine di 1.340 chilometri teatro della guerra ibrida di Mosca, che negli ultimi mesi ha spinto centinaia di immigrati irregolari a oltrepassare la frontiera. L’ingresso di Helsinki nella Nato non ha solo comportato la fine di decenni di neutralità militare, ma ha anche posto il Paese in prima linea nel caso di un conflitto tra Mosca e il blocco a guida statuinitense. Una situazione geopolitica complessa che il prossimo capo dello Stato, che funge anche da capo supremo delle forze armate, dovrà gestire aiutando nella direzione della politica estera del governo.