Fra le varie questioni che possono generare controversie tra i condòmini, c’è anche la ripartizione delle spese dell’acqua. Queste spese vengono solitamente anticipate dal condominio ai fornitori, per essere poi ripartite tra i condòmini. Di fondamentale importanza, quindi, conoscere gli aspetti legali e le regole per una corretta suddivisione, così da evitare conflitti. Esaminiamo nel dettaglio i vari aspetti.
Cosa dice la legge
Secondo l’articolo 1123 del Codice civile, “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne”. Viene quindi fissato un principio generale che non si può derogare se non all’unanimità, cioè con il consenso di tutti i condomini: tutte le spese condominiali vanno sempre ripartite secondo i millesimi (fatti salvi eventuali aggiustamenti nel caso in cui alcuni condomini facciano del bene un uso superiore agli altri). Dunque, anche le spese relative all’acqua in condominio devono essere ripartite in base agli effettivi consumi se sono rilevabili con strumentazioni tecniche come i contatori individuali, oppure, in assenza di tali strumentazioni, in base alle quote millesimali di proprietà.
Esistono, poi, numerose sentenze, come la numero 6163 del 18 aprile 2023 del Tribunale di Roma, che supportano il principio descritto, ribadendo che in assenza di contatori individuali, le spese dell’acqua devono essere ripartite in base ai millesimi di proprietà e non in parti uguali tra i condòmini. La sentenza fa a sua volta eco ad un pronunciamento della Corte di Cassazione (il 17557/2014), che conferma il criterio legale di ripartizione delle spese dell’acqua in base ai valori millesimali delle singole proprietà.
Sistemi di gestione alternativi
Se, in linea generale, i consumi dell’acqua vanno ripartiti in base alle quote millesimali di proprietà, per conteggiare nel modo più corretto possibile il consumo di acqua per gli spazi privati, cioè per i vari appartamenti, si possono utilizzare dei contatori individuali, posizionati in ciascuna unità abitativa. Tali strumenti permettono di misurare i consumi effettivi di ciascun condòmino e di ripartire le spese in modo proporzionale all’uso reale. In questo modo si evitano discussioni tra i condòmini e si garantisce una ripartizione più equa delle spese.
Fra i vantaggi dell’installazione di contatori individuali per l’acqua in condominio, oltre alla possibilità di ripartire le spese dell’acqua in modo più equo e trasparente, vi sono anche la riduzione degli sprechi e l’adozione di comportamenti più sostenibili, un maggiore controllo sui consumi e l’individuazione di eventuali perdite o malfunzionamenti. Bisogna però distinguere fra abitazioni con riscaldamento autonomo e impianto centralizzato: nel primo caso si colloca in casa un unico contatore che indica il solo consumo di acqua fredda, nel secondo i contatori sono due, uno per il consumo di acqua calda e l’altro per quello di acqua fredda. I condòmini sono tenuti a comunicare annualmente la lettura del proprio contatore all’amministratore, il che consente di monitorare eventuali costi eccessivi dei consumi condominiali. Qualora non fossero presenti in condominio contatori individuali per l’acqua, se ne può proporre in assemblea l’installazione.
Cosa succede in caso di errata ripartizione
Nel caso in cui la suddivisione delle spese relative all’acqua in un condominio venga effettuata in modo improprio, ad esempio assegnando quote paritarie ai condomini anziché in base alle quote millesimali di proprietà, i condomini interessati hanno il diritto di contestare la delibera assembleare che ha approvato tale ripartizione. Il giudice ha quindi il potere di annullare la delibera per quanto riguarda la distribuzione delle spese legate al consumo idrico e stabilire che queste debbano essere ripartite conformemente a quanto stabilito dalla legge. Per intraprendere l’azione legale, però, è necessario presentare l’impugnazione entro 30 giorni, che decorrono, per gli assenti, dalla comunicazione del verbale dell’assemblea, per i presenti astenuti o dissenzienti, invece, dalla delibera stessa.
Se ci sono negozi
Chi possiede un negozio alla base del palazzo non è esentato, stando a varie sentenze emesse nel tempo dalla Cassazione, dalla ripartizione dell’acqua del condominio. Se da un lato i negozi possono consumare meno acqua rispetto ad un appartamento (situazione che potrebbe anche capovolgersi nel caso, ad esempio, di un bar), dall’altro il riparto acqua condominiale spetta anche al proprietario dell’attività commerciale. Dalla ripartizione non è escluso neanche chi non abita stabilmente nel condominio. Pagano quindi ugualmente, in base ai millesimi, quanti utilizzano l’appartamento soltanto come casa vacanze o seconda casa, oppure ancora quelli che vorrebbero affittarlo, ma non ci riescono.
Condòmini e criteri diversi di ripartizione
In deroga all’articolo 1123 del Codice Civile citato in apertura, il regolamento di condominio può prevedere, come abbiamo visto, criteri differenti per la ripartizione delle spese dell’acqua. Tali criteri devono essere però approvati all’unanimità, cosa che può avvenire o tramite l’assenso al regolamento in sede di compravendita dei vari appartamenti, o con delibera assembleare che veda la partecipazione di tutti i condòmini. Diversamente, le spese dell’acqua andranno ripartite in base alle quote millesimali.