Pena di morte, vendetta medievale

Pena di morte, vendetta medievale

Magnifico direttore, ieri, in Alabama, nei civilissimi (?) Stati Uniti, un uomo è stato ucciso con la pena di morte attraverso soffocamento per gas di azoto. L’uomo, un assassino, era già sopravvissuto a una prima esecuzione, realizzata con l’iniezione (non) letale. La vittima è stata dichiarata morta dopo dieci minuti di atroci sofferenze. Mi chiedo, e le chiedo: come è possibile che il Paese simbolo della

libertà adotti ancora punizioni e metodi di tortura come quelli descritti?

Maria Piera

Cremona

Gentile Maria Piera, il cittadino statunitense Kenneth Eugene Smith, 59 anni, condannato prima all’ergastolo e poi a morte nel secolo scorso, ossia nel 1988, per avere ucciso a coltellate su commissione Elizabeth Dorlene Sennett, moglie di un pastore, è stato giustiziato ieri con l’azoto, nello Stato dell’Alabama. È la prima volta che codesto strumento viene adoperato negli Usa allo scopo di eseguire una condanna capitale da quando è stata introdotta tale iniezione mortale nel 1982. Alle 20:25 locali di ieri, l’uomo è stato dichiarato morto in seguito al soffocamento mediante gas di azoto. Fino alla fine il reo ha atteso, purtroppo invano, di essere graziato, tanto che l’esecuzione è stata rimandata di alcune ore proprio per aspettare l’esito dell’ultimo appello alla Corte suprema americana. E questo non ha fatto altro che rendere la punizione inflitta a Smith ancora più sadica. La sua è stata una specie di agonia.

Chi giudicherà e punirà adesso i giustizieri di Kenneth nonché il suo boia i quali pure si compiacciono di avere fatto giustizia mentre hanno compiuto un delitto non meno grave rispetto a quello compiuto dallo stesso Smith? Sempre di omicidio si tratta. Ci rifiutiamo di credere che talvolta togliere la vita possa essere giusto. Ci rifiutiamo di credere che ammazzare Smith sia stato un atto lodevole.

Secondo quanto dichiarato dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, questo metodo nuovo e mai testato prima di infliggere la morte potrebbe costituire un trattamento crudele, inumano e degradante, una vera e propria tortura. E anche l’Unione Europea, che rigetta la pena di morte, ha espresso rammarico per l’esecuzione di Smith.

Io mi chiedo, invece, come sia possibile che in uno Stato occidentale, che per di più si proclama libero e democratico e si propone ed è considerato quale modello di progresso civile, sia ancora in vigore la pena di morte.

Mesi addietro mi ero già pronunciato in merito a questa vicenda. A mio avviso, Smith probabilmente avrebbe meritato la grazia per essere scampato ad un tentativo di esecuzione circa due anni fa. Di sicuro non avrebbe meritato la pena capitale in quanto, se è vero che nessun uomo ha il diritto di togliere la vita ad un altro uomo, non si comprende perché, allo scopo di punire, l’omicidio sia ammesso. Un controsenso folle e assurdo: per distogliere le persone dall’uccidere lo Stato ordina la pubblica uccisione di chi si è macchiato di questo crimine, macchiandosene a sua volta.

In uno Stato che si dica civile questo tipo di punizione dovrebbe essere cancellato, in quanto ci rimanda ad un’epoca arcaica, buia, irrazionale della storia della umanità, all’epoca in cui non esisteva il diritto e veniva applicata la legge del taglione consistente nella regola: «Occhio per occhio, dente per dente». Anzi, forse la pena di morte, così come viene comminata negli Stati in cui è prevista, è persino più cruenta di quella norma preistorica, dal momento che il condannato a morte attende per anni e anni, persino decenni, il dì della sua fine senza che neppure gli venga comunicata la data, proprio come è accaduto a Smith. Si tratta dunque di una attesa che assomiglia ad una sorta di supplizio. Non è già questo un castigo?

Nel caso specifico abbiamo un essere umano che è scampato alla esecuzione e che è stato martoriato non soltanto nell’attesa per decenni della sua soppressione ma anche dal tentativo di soppressione stesso. Infatti, Kenneth è rimasto per quattro ore legato alla barella, mentre si cercava di individuare le vene in cui iniettare il veleno letale. Il tutto davanti al pubblico che si godeva lo show come se si trovasse al cinema, il che rende quello che è avvenuto ancora più barbaro, violento e inumano.

Insomma, questo individuo ha subito una vera e propria tortura, eppure di questo chi risponde? Chi paga? O dobbiamo concludere che è giusto torturare oltre che massacrare chi ha realizzato un crimine?

Come se non fosse bastato, il signor Smith ha oggi conquistato questo primato, che nessuno potrà strappargli: è il primo uomo ad essere stato giustiziato mediante l’ipossia di azoto. Una sevizia, che implica una morte lenta, per soffocamento e asfissia. Qualcosa di inaccettabile, che mi suscita un senso di orrore.

Lo Stato si è accanito contro di lui. Mi chiedo: perché?

E oggi più che mai mi domando, in generale, quale sia la ratio della pena di morte. Essa non può consistere che nella mera volontà di vendetta, qualcosa di incompatibile con il progresso umano e giuridico. La punizione deve essere finalizzata alla rieducazione e non alla macellazione del reo. Quest’ultima è di fatto inutile: non ci restituisce un cittadino migliore o redento, dato che questi viene fatto fuori, ce ne sbarazziamo, né rappresenta un deterrente capace di condurre all’azzeramento di determinati delitti. Assassinare chi ha ucciso non è una cura efficace contro il crimine. Tutt’altro, lo avvalora, lo perpetra, lo legittima.

Eppure la nostra storia, così come la nostra cultura, è segnata proprio dal passaggio di un uomo che fu un condannato a morte e che fu pure giustiziato, ossia Gesù Cristo. Sarebbe sufficiente considerare ciò per depennare la pena capitale da qualsiasi ordinamento dei Paesi che fanno parte di quell’Occidente che, nonostante tutto, si ritiene illuminato.

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