Al terzo posto del podio dei peggiori di questa settimana incoroniamo la fallimentare ideologia green, il sindaco dem Matteo Lepore e la strampalata idea di far andare tutti i suoi cittadini a 30 chilometri orari. A Bologna sono già fioccate le primissime multe ad automobilisti che sfrecciavano addirittura a 32 chilometri all’ora. Manco credevano di girare sul circuito di Monza! Se non stanno attenti, di questo passo, rischieranno pure di beccarsi una contravvenzione mentre parcheggiano l’automobile. E poi a sinistra si stupiscono se i cittadini applaudono le incursioni di Fleximan contro gli autovelox. Il punto, però, è che la stretta di Lepore non è nemmeno utile alla causa ecologista. Riducendo la velocità di scorrimento è ovviamente aumentato il traffico. E più traffico significa più smog. Anche sul fronte della sicurezza il limite dei 30 chilometri all’ora non serve a nulla: laddove è già in vigore, gli incidenti non sono affatto diminuiti
Al secondo posto tornano i famigliari del deputato con gli stivali, Aboubakar Soumahoro. Mercoledì scorso si è tenuta la prima udienza del processo che vede imputati la suocera Marie Therese Mukamitsindo, la moglie Liliane Murekatete e Michel Rukundo, fratellastro della donna. A parte lady Soumahoro, gli altri due erano presenti in aula. Presenti e sghignazzanti! Mentre si parlava delle difficoltà dei lavoratori, che hanno denunciato irregolarità nelle cooperative gestite dai Soumahoro, i due sorridevano e si lasciavano andare ad atteggiamenti denigratori. Che brutta immagine! “È la fotografia perfetta della cifra di queste persone”, ha commentato il segretario provinciale della Uiltucs, Gianfranco Cartisano. “Gli stipendi non venivano pagati perché i soldi delle coop venivano utilizzati per le spese personali degli imputati – ha fatto notare – uno scandalo che abbiamo fatto emergere noi con le nostre coraggiose denunce”.
Al primo posto del podio dei peggiori abbiamo il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari. Si è risentito perché la Meloni ha “osato” criticare la sua linea editoriale dopo che aveva mandato il quotidiano in edicola con un titolo a caratteri cubitali: L’Italia è in vendita. “Che questa accusa mi arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e ceduto ai francesi, hanno trasferito all’estero sede legale e sede fiscale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane – ha commentato la premier – non so se il titolo fosse un’autobiografia. Però le lezioni di tutela dell’italianità da questi pulpiti anche no”. Non che ci fosse bisogno della Meloni per scoprire che Repubblica (e Stampa) bastonano, un giorno sì e l’altro pure, il governo e, guarda un po’, fanno da megafono agli Elkann. Sta di fatto che Molinari se l’è presa e, inforcato il vessillo della libertà di informazione, ha montato un caso. E pensare che a noi del Giornale proprio loro gettavano addosso l’anatema col conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi, dicendoci ovviamente che per questo non eravamo attendibili. Se però sono loro, in odor di conflitto d’interessi, – pouf! – il problema sparisce. E non solo. Vanno pure avanti, come al solito, a insultare. Per l’occasione Repubblica ha, infatti, mandato all’attacco Massimo Giannini che ha impugnato la penna contro i “cani latranti” della Meloni. Non c’è che dire: sempre veri campioni di (pessimo) giornalismo!