La meritoria battaglia contro il razzismo nel Paese, a partire dai campi di calcio, prosegue indomita, senza cedimenti. Ieri, a quattro giorni dai vergognosi insulti razzisti contro il portiere del Milan Mike Maignan, a Udine, sono stati individuati cinque tifosi. La svolta nelle indagini non è esente però da un inquietante retroscena. Come titolavano le agenzie battute di primo mattino: «Scimmia e Buu a Maignan: uno dei tifosi è di colore». Sì, ma di che colore? Giallo? Rosso? Rosso e nero come il Milan? Bianco e nero, come l’Udinese? O solo nero?
Dalle prime indiscrezioni sembra che il tifoso di colore sia nero. Nordafricano di origini ma nato a Udine, di seconda generazione. Dicono mastichi il friulano e abbia maturato una certa insofferenza per gli stranieri. Più integrato di così.
Domanda: ma il razzismo espresso da un nero, è esso stesso razzismo? E se sì, chi accusa di razzismo l’esponente di una categoria difesa dagli antirazzisti è definibile razzista? Cosa dicono i Woke?
E comunque, oltre all’uomo di colore fra i cinque tifosi protagonisti dell’esecrabile gesto c’è anche una donna. Voci incontrollate insinuano che i rimanenti tre siano un eco-vandalo, un attivista Lgbtq e un vecchio militante del Pci di Tavagnacco.
Verrebbe facile dire che il razzismo non esiste. Che esistono semmai rabbia, ignoranza e cattiveria. Ma ammetterlo sarebbe un abbassare la guardia e non possiamo permettercelo! – contro il pericolo nero. Che può significare anche «di colore».