La tragedia silenziosa dei più deboli

La tragedia silenziosa dei più deboli

Sono tre sorelle e la loro vita non è più la stessa da quando la madre ha smesso di ricordare. È arrivato prima l’alzheimer e poi tutto il resto: non mangia più da sola, non cammina, non riconosce nulla di quello che ha intorno, non si alza più dal letto. È un’agonia di cui non vuoi conoscere la fine, perché augurare la morte alla donna che ti ha messo al mondo fa stare male. Il senso di colpa va avanti giorno dopo giorno. La scelta di affidarla a una casa di cura quasi non te la perdoni. Si cercano alibi e scuse. Si fanno giustamente i conti con la realtà. Tutte e tre lavorano. Vivono in appartamenti troppo piccoli in una città che non è più a misura d’uomo. Non c’è spazio per una madre insieme a figli e mariti. Non c’è spazio neppure se si vive da soli. I primi anni ci si è affidati a una badante. Quasi tutti i giorni, cercando di organizzarsi per il sabato e la domenica, quando il servizio costa di più, pagando alla fine circa duemila euro al mese, quando andava bene. Spese da dividere in tre, contando sulla pensione di reversibilità della madre e l’assegno di accompagnamento: 527,16 euro. La notte poi è diventata davvero buia. C’è un momento in cui tutto precipita. Non basta una persona. Serve una struttura. C’era una casa di cura convenzionata con il Comune, il costo non era proibitivo, circa 1.800 euro al mese, ma la beffa è che senza essere ricchi ci si accorge che il proprio certificato Isee non ti permette di presentarti come abbastanza bisognoso. È il destino di una classe media scivolata ai confini più bassi del purgatorio. L’inferno obiettivamente è un’altra cosa. Alla fine la madre ha trovato, non senza fatica, un letto in una casa per anziani completamente privata. Il costo supera i quattromila euro al mese. È, si raccontano le tre sorelle, il massimo che si possa fare. In Italia ci sono quasi quattro milioni di over 65 che hanno bisogno di assistenza. Il 28,4 per cento della popolazione non riesce a camminare, salire o scendere le scale, mangiare, vestirsi, lavarsi, cucinare, prendere le medicine. Se si guarda a chi ha più di 75 anni si scopre che su 6,9 milioni di persone quasi 3 hanno due o più malattie croniche. Molti stanno a casa, soprattutto al Sud, mentre sono 200 mila gli anziani nelle Rsa. Quello che è successo durante la pandemia sta creando nuove paure e altri sensi di colpa.

Non è che gli italiani stiano invecchiando male. Semmai è il contrario. Si vive più a lungo e si diventa vecchi più tardi. Si va in pensione più tardi e in qualche modo si cerca di immaginarsi giovani. Il guaio è che se questo non è un paese di giovani, non è neppure un paese per vecchi. Le reti sociali si sono sfibrate, sfilacciate, slabbrate, fino a creare vuoti dove è sempre più facile sprofondare. La famiglia è un’ipotesi, le comunità un ricordo, i quartieri un paesaggio anonimo. Questo vale soprattutto per le città, ma lo spopolamento dei territori sfalda anche i posti del cuore. Qualcuno immagina un futuro fuori dai grandi centri in compagnie di vecchi amici, ma assomiglia più a un sogno. L’incertezza non è un orizzonte che si sente a vent’anni. La patologia mentale più diffusa è la depressione, associata all’ansietà cronica grave per quasi la metà degli anziani. Quelli con disturbi ansioso-depressivi sono circa 4 milioni (15%) con un forte svantaggio per le donne. Il futuro non è rassicurante. Tra 15 anni gli anziani saranno 4,6 milioni in più e solo una coppia su quattro avrà dei figli.

L’inferno infatti è altrove. È quando resti vivo e non hai figli. Non c’è proprio nessuno. L’ultimo cane se ne è andato per sua fortuna prima di te. Se ci sono parenti da anni non si fanno più vedere. Quanti sono? Circa 2,5 milioni. Il 33,5 per cento degli over 74 ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a uscire di casa. Il 13,8 per cento non ha un familiare che possa pensare a lui. Sono soli nella loro solitudine. Se finiscono in ospedale si cerca di tenerli lì, in attesa della morte, per la pietas di medici e infermieri, che d’altra parte non hanno difficoltà a dichiararli malati. Ecco, questi sono gli invisibili, quelli che perfino lo Stato fatica a percepire, quelli con un amore che non c’è più, quelli che non l’hanno mai avuto, quelli senza figli, fratelli, nipoti e affini. È la solitudine dei numeri ultimi.

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