Tutto si gioca su un confine sottilissimo. Tra organizzazioni umanitarie che aiutano legittimamente il popolo palestinese, e altre che usano la beneficenza come copertura per foraggiare la jihad. Secondo fonti interne all’Israel National Bureau for Counter Terror Financing, l’ufficio israeliano che si occupa di contrastare il finanziamento del terrorismo, Hamas riceverebbe ogni mese da 8 a 12 milioni di dollari di sole donazioni online. Un flusso in netta crescita dopo l’attacco del 7 ottobre, in gran parte proprio grazie al sostegno di organizzazioni che si spacciano per enti benefici.
Si tratterebbe di una galassia di finanziatori protetta da una rete di coperture e compiacenze difficile da tracciare e quantificare, costruita in anni di raggiro dei divieti di sponsorizzazione nei paesi che considerano Hamas un gruppo terroristico. Per bypassare le restrizioni negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, la raccolta fondi passerebbe attraverso organizzazioni di altri paesi non apertamente legate al gruppo.
Questi enti, poi, si occuperebbero di trasferire il denaro attraverso convogli di aiuti o il cosiddetto Trade-Based Terrorist Financing (TBTF), il finanziamento del terrorismo basato sul commercio. In pratica, un processo che, usando le imprese di Gaza (ripagate sotto forma di beni) come intermediario, maschera le donazioni per farle arrivare a Hamas. E che, insieme ai proventi degli investimenti in diversi paesi, ai 30 milioni di dollari al mese garantiti dal Qatar, all’indennità passata dall’Autorità Palestinese e agli oltre 100 milioni annuali dispensati dall’Iran, sovvenzionano i mujaheddin palestinesi.
Non solo. Il circuito di sponsorizzazione si avvarrebbe anche di varie campagne di crowdfunding gestite in rete da Hamas, mappate dal governo israeliano e ora nel mirino di una task force di 16 nazioni (tra cui Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Canada) istituita dopo il 7 ottobre per stanare le attività del gruppo. A giocare un ruolo decisivo in questo collaudato sistema di triangolazioni finanziarie sarebbero – come ricostruito da The Jerusalem Post – delle organizzazioni non governative sudafricane, utilizzando conti registrati nelle principali banche di Pretoria: Standard Bank, Nedbank e Absa.
Anello di congiunzione con Hamas: la Fondazione Al-Quds. Nota anche come Istituto Internazionale Al-Quds o QII, è stata fondata a Beirut nel 2001 da membri di Hamas per raccogliere fondi per l’organizzazione sotto forma di beneficenza. Sanzionata dagli Stati Uniti nel 2012 per “essere controllata da Hamas e agire per suo conto” e messa fuori legge da Israele nel 2009, fa parte della vasta rete di organizzazioni affiliate ai Fratelli Musulmani, uno dei più importanti movimenti islamisti, centrale nel consentire il passaggio di armi e soldi dall’Egitto alla Striscia di Gaza. La Fondazione è guidata dallo sceicco Hamid bin Abdullah Al-Ahmar, faccendiere yemenita basato in Turchia e figura di spicco del partito Al-Islah, la ramificazione dei Fratelli Musulmani in Yemen.
Nonostante le sanzioni da parte di Stati Uniti e Israele, la fondazione continua a operare in tutto il mondo, con tredici filiali in paesi diversi, a volte dietro altri nomi. In Sudafrica è attiva un’organizzazione denominata “Al-Quds Foundation SA” che si definisce “un ramo della fondazione Al-Quds con sede in Libano”. A dirigerla è Sheikh Ebrahim Gabriels, già presidente del Consiglio unito degli Ulama del Sud Africa (UUCSA) e del Consiglio giudiziario musulmano del Sud Africa (MJC). Che, secondo il Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center, farebbe parte della Union of Good, un maxi cartello composto da oltre 50 presunte organizzazioni di beneficenza in tutto il mondo impegnate nella raccolta fondi e nel finanziamento delle attività di Hamas.
Sul sito web della Fondazione si trovano le “coordinate bancarie” per finanziare “ la causa palestinese” e “gli orfani e le vedove dei martiri a Gaza”. E per le donazioni, come riporta anche la testata radiofonica The Voice of the Cape di Cape Town, ci sono due opzioni. Pagare in criptovalute tramite app o fare un bonifico a un conto (N.: 375 197 567) intestato alla Fondazione Baitul Maqdis (altro nome islamico tradizionale per Gerusalemme, insieme al più noto Al-Quds) presso la Standard Bank. Questo, perché il conto ufficiale presso la banca Absa avrebbe avuto dei “problemi” con le donazioni estere, ha rivelato una fonte di Al-Quds.
Contattato in merito, il responsabile dell’ufficio stampa di Standard Bank Ross Linstrom ci ha risposto che la banca “è vincolata dalla riservatezza” che vieta “la divulgazione dei dettagli dei clienti”. Ricercando online “Baitul Maqdis Foundation” si arriva ad un’unica pagina Facebook non aggiornata che diffonde teorie cospirazioniste antisemite insieme a un secondo conto corrente per donare presso la sudafricana Nedbank, che per motivi di riservatezza non conferma e non smentisce che la Fondazione sia un cliente. Formalmente un’organizzazione no profit, che però non compare in alcun registro, di fatto, Baitul Maqdis sarebbe il principale prestanome usato dalla Fondazione Al-Quds per trasferire i fondi provenienti dall’estero dal Sudafrica a Hamas.