Da quando ho cominciato a tenere questa rubrica, «La Stanza», le vostre lettere mi raggiungono ovunque, non solo in redazione o via mail ma persino presso il mio ufficio sito all’interno di Palazzo Pirelli, sede del Consiglio regionale della Lombardia di cui faccio parte, essendo stato votato da alcune migliaia di milanesi, che ringrazio ancora una volta per la fiducia e la stima. Oggi non pubblicherò una epistola, tuttavia è ad una lettera che mi è giunta al Pirelli che intendo rispondere, facendo sì che essa sia una occasione per riflettere circa una inaccettabile stortura del nostro sistema penitenziario e della giustizia. Mi ha scritto un signore molto garbato, Angelo Lombardi, pregandomi di aiutarlo. Mi rincresce il non potere fare nulla di più per alleggerirlo della sua condizione, ma quel poco che mi è concesso di compiere è, appunto, diffondere la sua storia, senza addentrarmi nei fatti giudiziari i quali non possono essere giudicati da me bensì devono essere esaminati in aula, in tribunale, nel corso del dibattimento. Il Signor Lombardi è detenuto dal maggio del 2022 e da allora è stato prima in attesa che cominciasse il processo e ora in attesa di una sentenza di primo grado che si spera possa assolverlo dalle accuse che gli sono state mosse e che egli dice infondate e false. Il processo è cominciato soltanto qualche mese fa, quindi Angelo è dietro le sbarre, sottoposto alla privazione della libertà personale, da innocente, in quanto, stando ai principi sanciti dalla nostra Costituzione, l’imputato è presunto innocente fino al terzo grado di giudizio. Qui non c’è stato neppure il primo, eppure da anni Angelo è in gattabuia, a maggio saranno due anni.
E vorrei ricordare a tutti che gli istituti di pena sono luoghi infernali, basti considerare che il bollettino dei suicidi, nonostante il 2024 sia appena iniziato, è già nutrito. È giusto sottoporre una persona a misure afflittive di tale portata quando ella potrebbe essere innocente e potrebbe dunque essere dichiarata tale? Io penso che sia profondamente ingiusto, anche perché il carcere segna a vita. Non si tratta soltanto di una sottrazione di tempo, opportunità, occasioni, affettività. La detenzione all’interno degli istituti penitenziari spesso cambia per sempre gli individui che sono obbligati a viverla. Talvolta il carcere abbrutisce oppure rappresenta una sorta di marchiatura che, una volta riacquistata la libertà, induce la società a rifiutare chi è stato ristretto, verso il quale siamo indotti ad essere diffidenti a causa di pregiudizi sciocchi. Immaginiamo per un attimo il danno esistenziale che viene fatto ad un essere umano il quale, suo malgrado, si ritrova a permanere in cella da innocente, magari per anni.
Un fenomeno a quanto pare molto esteso se diamo uno sguardo ai dati, proprio gli ultimi disponibili e risalenti al 31 dicembre 2023, quindi a neppure un mese addietro. A fronte di una capienza regolamentare di 51.179 ospiti, sono ristretti nei 189 istituti di pena italiani 60.166 soggetti, di cui quasi 20.000 stranieri, che magari potremmo rispedire nei rispettivi Paesi di origine facendo spazio, risolvendo la problematica del sovraffollamento, che impedisce anche la possibilità di realizzare efficaci percorsi rieducativi (e questo è il costituzionale scopo del carcere, ossia rieducazione e reinserimento sociale), e risparmiando risorse ingenti. Ma non è questo il punto sul quale desidero focalizzarmi. Ciò che mi preme sottolineare ora è che su 60.166 detenuti oltre 9mila sono in attesa di primo giudizio, come Angelo Lombardi, precisamente 9.259 presunti innocenti. Gli appellanti sono 3.606, i ricorrenti 2.009. I condannati definitivi, quindi quelli dichiarati rei con sentenza passata in giudicato, sono poco più di 44mila su – lo ripeto – oltre 60mila persone.
Spesso si dice che una giustizia tardiva è una cattiva giustizia, una malagiustizia. È tragicamente vero, soprattutto quando trascorri il lungo periodo, anzi l’infinito periodo, di attesa del giudizio nelle maglie di un sistema penitenziario che ti annienta sotto ogni profilo e che qualche volta ti induce persino ad anelare alla morte.
E c’è poi un fatto che non mi spiego: perché in carcere ci sono tanti innocenti e per strada tanti delinquenti, individui che hanno dato prova di essere effettivamente pericolosi per la comunità, i quali, quando tratti in arresto perché beccati con le mani nel sacco, come si usa dire, vengono rilasciati dopo pochi minuti o poche ore, liberi ancora di aggredire, rapinare, molestare e chi più ne ha più ne metta?
È evidente che qualcosa non sta funzionando come dovrebbe.