Il ritorno a casa dei caduti di Russia

Il ritorno a casa dei caduti di Russia

Dopo oltre ottant’anni, venti soldati italiani dispersi durante la campagna di Russia oggi tornano finalmente a casa. Avevano combattuto sul fronte del Don e lì erano caduti. Scomparsi nel nulla per decenni. Morti due volte. E infine ritrovati. La guerra in Ucraina, però, li ha bloccati a Mosca per oltre due anni. Nessun volo militare italiano, infatti, poteva andarli a riprendere. E non potevano nemmeno essere portati da un velivolo russo.

Sembrava dunque impossibile farli rientrare, poi l’inaspettato annuncio qualche settimana fa: «Arriveranno a Venezia, passando per Istanbul, dopo essere partiti da Mosca con un volo turco». Venti corpi, venti storie diverse che si avvinghiano tra le anse del Don. Otto caduti, di cui due noti, appartengono alla Divisione Alpina Cuneense e sono stati trovati in un villaggio di appena dieci isbe, a trenta chilometri da Rostov. Sono stati recuperati grazie alla collaborazione tra l’associazione non governativa di ricerca russa «Piccolo Saturno» e l’Unione nazionale italiana reduci di Russia (Unirr), tramite la sua squadra di recupero Urp.

Cinque caduti, invece, erano presenti dove ha combattuto il 38esimo reggimento della Divisione Ravenna. Il loro ritrovamento è arrivato quasi per caso, grazie a una segnalazione fatta da una signora russa che – vedendo importanti movimentazioni di terra per costruire un edificio là dove, durante la Seconda guerra mondiale, si erano tenuti grandi scontri – è riuscita a far interrompere i lavori. In questo modo, l’associazione Don Poisk è riuscita a ritrovare 54 soldati sovietici e i cinque italiani.

Infine i sette di Millerovo. La loro ricerca è partita grazie al racconto di un anziano, il quale si ricordava di aver visto, il giorno di Natale del 1942, cadere delle bombe e, successivamente, seppellire 16 corpi di artiglieri italiani. Viktor Vasilevskij, della fondazione Nasledie, e l’editore italiano Sandro Teti si mettono sulle tracce dei caduti e riescono a trovarli. Ma non solo. Grazie al Laboratorio di ricostruzione antropologica M.M. Gerasimov, presso il Centro di antropologia fisica dell’Istituto di Etnologia e Antropologia dell’Accademia delle scienze russa, finanziata per questa iniziativa della fondazione Nasledie, riescono a ricostruire, tramite il celebre metodo Gerasimov, il volto dei caduti.

Di questo si è occupata un’equipe di studiosi italo-russa guidata dalla professoressa Elisaveta Veselovskaya, coordinata dalla professoressa Stefania Zini, e composta da antropologi, storici e biologi (i professori Nikita Khokhlov, Ekaterina Prosikova, Yulia Pelenitsina, Anna Rasskasova e Olga Alekhina), che hanno realizzato la ricostruzione grafica e in formato 3D dei teschi e delle sembianze dei soldati italiani. I ritratti ottenuti hanno permesso di dare una prima identità ai caduti e ora una degna sepoltura. E ora, grazie all’intervento del presidente nazionale di Unirr, Giovanni Soncelli, si sta avviando un progetto affinché organizzazioni non governative russe specializzate nella ricerca e recupero e Urp (Unirr Recovery Pool) tornino a cercare i soldati caduti alle porte di Mosca. E, magari, a identificarli. A casa, infatti, c’è ancora qualcuno che li aspetta.

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