Un cavallo di Troia cinese al Pentagono: il giallo dei pannelli solari

Un cavallo di Troia cinese al Pentagono: il giallo dei pannelli solari

Il dipartimento della Difesa Usa ha fatto sapere di voler installare pannelli solari sul Pentagono come parte del piano dell’amministrazione Biden volto a promuovere l’energia pulita e “ristabilire il governo federale come leader della sostenibilità”. I media statunitensi hanno subito sottolineato le varie criticità sollevate dal progetto, per il quale non sarebbero stati fatti studi sulla sua fattibilità né, soprattutto, sarebbero state approfondite questioni tanto sensibili quanto rilevanti. Ad esempio, l’installazione di un sistema del genere potrebbe compromettere le funzionalità del Pentagono? E ancora: da dove proverranno i singoli pezzi che comporranno il piano green? Considerando che la Cina detiene il 95% della capacità produttiva globale di pannelli solari, e che le batterie per far funzionare il tutto sono al litio, del quale sempre la Cina è il secondo produttore mondiale, le preoccupazioni sono comprensibili.

Pannelli solari cinesi?

Otto pannelli solari su dieci installati negli Stati Uniti provengono del resto dalla Cina, ha scritto Asia Times. Anche se il Pentagono dovesse, come logico, acquistare pannelli di fabbricazione americana, il silicio e il polisilicio di grado metallurgico necessari per gli stessi pannelli solari provengono principalmente dalla Cina. Inoltre se il Pentagono vorrà davvero fare affidamento sull’energia solare per il suo funzionamento, come detto, avrà bisogno di enormi batterie al litio.

C’è solo un altro piccolo problema: per quanto riguarda le batterie, infatti, sei delle dieci maggiori aziende produttrici di batterie agli ioni di litio al mondo si trovano oltre la Muraglia. Questi player hanno prodotto il 79% di tutte le batterie agli ioni di litio entrate nel mercato globale nel 2021, e si prevede che faranno rimanere la Cina il Paese leader nella produzione di batterie agli ioni di litio almeno da qui al 2025.

Né il dipartimento dell’Energia, che sta fornendo i finanziamenti iniziali per il progetto, né il Dipartimento della Difesa probabilmente guarderanno troppo attentamente all’eventualità che il materiale acquistato sia o meno pieno di parti made in China.

Le altre criticità

Al di là del nodo cinese, nessuno sa di preciso quale sarà il prezzo reale del progetto, ma è probabile che questo possa ammontare a molte centinaia di milioni di dollari. Il nuovo edificio dovrebbe poi essere ben riscaldato perché le batterie al litio non amano il freddo. A volte prendono fuoco, e gli incendi causati dal litio sono difficili da spegnere. Di solito l’intera automobile, camion o autobus, in caso di incendio, deve essere avvolto in una speciale coperta antincendio e i suoi rottami continuano a bruciare fino a quando tutto il carburante al litio non viene consumato.

Dal punto di vista tecnico, ha fatto notare sempre Asia Times, il tetto del Pentagono non è adatto ai pannelli solari perché non è completamente piatto. Né è stato progettato per sostenere un peso extra. Dispone poi di antenne e sensori speciali, molti dei quali (se non tutti) classificati. Non è noto come questi possano funzionare a contatto con ipotetici pannelli solari che assorbono il calore. Le incognite sono dunque molte. Ma il piano green dovrebbe comunque gradualmente prendere quota.

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