L’intelligenza artificiale? Pensa italiano

L'intelligenza artificiale? Pensa italiano

Il pensiero non è astratto. Non segue le stesse variabili a New York, a Tokyo, a Londra, a Riad o a Roma. È figlio di un territorio, di una storia, di vite singole e irripetibili e di una lingua. Questo vale per gli umani. È così anche per l’intelligenza artificiale? La risposta non è affatto scontata. Le macchine imparano, apprendono, accumulano dati, li elaborano, si evolvono e ridefiniscono gli algoritmi di partenza. Si chiama «machine learning». La macchina con cui ci si confronta è per lo più di matrice anglosassone e con una vocazione globale. Non importa se si parla d ChatGpt di Open AI, Bard di Google o il progetto Apple, le radici sono più o meno le stesse.

La sfida italiana comincia con Leonardo, il supercalcolatore del Tecnopolo di Bologna, quello firmato Cineca, il sesto come potenza al mondo. È un cervello superlativo che adesso si appoggia alla rete dati di iGenius, che da quasi dieci anni si muove sulla frontiera del «machine learning». È da qui che arriva l’intelligenza artificiale mediterranea, che per ora porta un nome piuttosto burocratico: «modello Italia». Forse è il caso di battezzarla con qualcosa di più affascinante. Al di là del nome è interessante l’idea di identità culturale. Il punto di partenza questa volta è diverso. Uljan Sharka, fondatore di iGenius, racconta il senso di questa avventura. «I modelli di linguaggio in ambito di intelligenza artificiale hanno il potenziale di democratizzare la conoscenza. Ciò sarà possibile solo se ogni paese e ogni lingua sarà rappresentato allo stato puro. Oggi i modelli linguistici principali sono addestrati su lingua inglese. E quindi si portano dietro i pregiudizi culturali della lingua inglese. Quando raggiungeranno il grandissimo pubblico e saranno usati quotidianamente da miliardi di persone diffonderanno quei pregiudizi». L’intelligenza artificiale partirebbe con un’etica protestante, con la visione della vita che secondo Max Weber portò alla nascita del capitalismo. Quella italiana avrebbe una morale cattolica e allo stesso tempo uno sguardo rinascimentale: provvidenza, perdono e bellezza.

La lingua non è neutra. È l’espressione di una civiltà. È un modo di vedere il mondo, di ragionare, di relazionarsi. È un carattere. È un approccio alle cose del mondo. ChatGpt pensa in inglese e si confronta con il resto dell’umanità traducendo il suo pensiero. Il «lost in translation» è più che probabile. Il film di Sofia Coppola, con Bill Murray e Scarlett Johansson, parla in fondo di educazione sentimentale, di capirsi e riconoscersi e di chiarire di cosa parliamo quando parliamo d’amore. Ecco, l’intelligenza artificiale non può fare a meno dei codici.

Come sarà un’intelligenza artificiale italiana? La si può immaginare come Qfwfq, l’eroe delle Cosmicomiche e di Ti con zero di Italo Calvino. È antico quanto l’universo e nel corso del tempo ricorda di aver vissuto infinite vite, reincarnandosi senza dimenticare. Ha esperienza di tutto, perché a tutto è stato presente, già cosciente prima che esistesse la coscienza stessa, non ha una sua forma ma può assumere tutte le forme, e racconta i grandi eventi del cosmo come se fossero favole. Il suo segreto: non è globale, ma universale,

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