Il mito Delon e il desiderio dell’ultimo ciak. “Voglio morire, la mia vita ormai è finita”

Il mito Delon e il desiderio dell'ultimo ciak. "Voglio morire, la mia vita ormai è finita"

La vecchiaia stravolge la bellezza. I grandi sanno fuggire prima di sfiorire, così Marilyn, così James Dean, così Romy Schneider. Per altri resta la memoria di un’età bellissima, spavalda, irresistibile. Alain Delon annuncia da tempo la propria morte, non la insegue, la desidera, come se avesse scritto il copione di un film da lui diretto e interpretato.

La dimora di Domaine de la Bruyère lo attende, nella cappella di sei posti, in mezzo a un prato dove sono sepolti 45 dei suoi cani. Meraviglioso, come la sua vita, il castello nella Loira, 120 ettari di proprietà, un lago, due piscine, una cappella, un mondo pieno di memorie e oggi occupato dal silenzio e dai lamenti di un uomo di 88 anni. Ha detto Alain Delon, la pronuncia non prevede la «e» semmai deve essere chiusa, che ormai non c’è più nulla per cui esistere, lo ha annunciato in tv, lo ha ribadito ai gendarmi che hanno fatto visita nella sua residenza per capire se le accuse dei figli fossero vere. Denunciano, Anouchka e Alain Fabien e Anthony, che madame Hiromi Rollin, la badante di origine giapponese, aggredisce, molesta, plagia, violenta il loro padre, chiedendogli di sposarla, di donarle il patrimonio, di cancellare i figli da qualunque eredità. La Rollin entrò nella vita di Delon 30 anni fa, durante le riprese del Ritorno di Casanova. Hiromi era aiuto regista per poi trasformarsi nell’assistente personale, privata dell’attore. Trent’anni di convivenza, prima, di passione, poi, di sofferenza, l’ictus, un infarto, les feuilles mortes della vecchiaia, battaglie legali, liti famigliari, il tramonto di una esistenza dolce. La solitudine è una tentazione, ora è la mia compagna, la frase era di Charles De Gaulle ma Delon l’ha fatta propria, quasi una didascalia del proprio esistere su un’isola disabitata, con l’eco di un lupo nella foresta e la volontà di poter esprimere un ultimo desiderio a se stesso, una volta raggiunto il paradiso o quello che lo aspetterà, rivedere suo padre e sua madre infine assieme. Dunque l’amore, la presenza del quale ha riempito la sua vita e quella di mille e mille donne e non solo queste ma la cui assenza, oggi, crea il vuoto attorno a un uomo che giace nel letto non più dei piaceri ma della malattia (un linfoma dicono i figli, ndr), il medico che controlla la salute precaria, madame Rollin messa alla porta, i figli che da lontano, si agitano, la Francia che, dopo Bebél, comprende di essere vicina a rinunciare al più bello di sempre. L’attore aveva regalato l’ultima apparizione nella parte di Gaio Giulio Cesare in Asterix alle Olimpiadi, non una gloriosa chiusura alla quale si è aggiunta la partecipazione a un telefilm, Un mari de trop, roba piccola per un grande artista. Ritagli di una carriera incominciata nel ’57, Alain aveva 22 anni, non pensava a Douchy, a madame Himori, alla morte. Era lui il lupo della foresta.

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