Il duello, sanguinoso, ingaggiato con Elly Schlein sulla Sanità. «Vedo che adesso vi fidate di noi, visto che ci chiedete di risolvere i problemi creati da voi in dieci anni». Lo scontro, ruvido, con Giuseppe Conte su Superbonus e Patto di stabilità. «Se nonostante la pessima eredità siamo riusciti comunque a portare a casa un buon compromesso in Europa, è perché in questi sedici mesi di governo abbiamo dimostrato che la stagione dei soldi gettati al vento per pagarsi le campagne elettorali è finita». I distinguo sul Medio Oriente. «Siamo con Israele e per uno Stato palestinese», quindi «non condivido la posizione di Netanyahu».
Ma, in un caldo e umido pomeriggio a Montecitorio, è la nuova Fiat il bersaglio grosso di Giorgia. «La nascita di Stellantis celava un’acquisizione francese, penso allo spostamento delle sede legale e fiscale». Oggi infatti nel cda siede infatti un rappresentante di Parigi. Palazzo Chigi «difenderà l’interesse nazionale», e avrà »un rapporto equilibrato», con il gruppo Elkan. «Se si vuole vendere un auto sul mercato mondiale pubblicizzandola come gioiello italiano, allora e in Italia che bisogna fabbricarla». Perciò, spiega, «incentivare chi torna e scoraggiare chi delocalizza, che dovrà restituire ogni beneficio o agevolazione ricevuta nell’ultimo decennio». Guerra agli Elkan? No, «Fiat merita massima attenzione e il coraggio di poter criticare». Lo scopo è salvare l’occupazione e l’indotto. «Intendiamo produrre nel nostro Paese almeno un milione di veicoli l’anno».
Question time alla Camera, con le posture di tutti già in modalità elezioni europee. Dieci domande alla premier, tailleur grigio chiaro, sfidata in diretta tv dai leader dell’opposizione. Tra i temi principali lo stop al reddito di cittadinanza. «Sono molto fiera, se non sei disponibile a lavorare non puoi pretendere di essere mantenuto con i soldi di chi fatica ogni giorno». Da qui la scelta «di sostituire una misura sbagliata con altre due, una per chi è in condizioni di essere assunto e una per chi non lo è». E il 26 scatteranno i primi pagamenti dell’assegno di inclusione, in media 635 al mese destinati «a coloro che supereranno i controlli che noi, a differenza del passato, facciamo». Insomma, sbotta a un certo punto la Meloni, «dall’esecutivo Conte abbiamo ereditato disastri». Certo, resta il problema storico italico del debito e di inventarsi sempre qualcosa per fare cassa. La questione si intreccia con il Patto di stabilità Europeo. «Quando ti presenti al tavolo delle trattative con un deficit al 5,3 per cento causato soprattutto dalla ristrutturazione gratuita delle seconde case, se chiedi flessibilità ti guardano con diffidenza». Eppure, sostiene, «abbiamo raggiunto la migliore intesa possibile, siamo riusciti ad evitare il ritorno all’austerità cieca». I governi precedenti, incalza, «hanno aumentato il deficit di 250». E i nuovi numeri saranno sostenibili? «Per un gabinetto serio sì».
Ma tocca svuotare la barca dall’acqua. Palazzo Chigi ci prova con le privatizzazioni. «Sono attesi circa venti miliardi in tre anni, un obiettivo ambizioso, però alla nostra portata». L’idea non è tanto contenere il debito quanto «stimolare la politica industriale, riducendo la presenza statale dove non è necessaria e affermarla negli asset strategici». Un approccio, polemizza ancora con i Cinque stelle, lontano «dai regali a qualche fortunato imprenditore e agli oligarchi russi». Si parte con Mps. «Nel giro di poche ore abbiamo ricevuto una domanda cinque volte superiore all’ammontare iniziale, un bel segnale».
Altro capitolo, la sanità. «Come la Schlein ricorda, il tetto alla spesa del personale medico, che ha portato al crescente ricorso dei contratti a termine e al devastante fenomeno dei gettonisti, fu introdotto nel 2009. Non chiederò perché non avete risolto il problema in 14 anni, però volete che ci pensiamo noi. È un’implicita attestazione di stima». E spiega che verranno prese iniziative per i vuoti nei reparti e per i pronto soccorso. Come pure per gli indennizzi per le stragi nazi-fasciste. «Nessun intento dilatorio, solo il tempo che l’avvocatura dello Stato verifichi».