Minacce, rischio di escalation, ritorsioni, situazione sempre più tesa. Ma Stati Uniti e Gran Bretagna non vogliono mollare la presa sugli Houthi e la scorsa notte hanno organizzato un altro raid in Yemen bombardando duramente le postazioni dei miliziani. Un attacco coordinato da navi e aerei delle forze armate che hanno colpito otto bersagli, incluso un sito sotterraneo di stoccaggio di armi, sistemi missilistici e postazioni di lancio e sistemi di sorveglianza e difesa aerea come comunicato dai due Paesi con una nota congiunta. Un funzionario Usa spiega: «Stimiamo che l’attacco abbia avuto successo e abbia ottenuto l’effetto desiderato in termini di rimozione delle capacità degli Houthi». Un raid importante, cui hanno preso parte anche quattro jet Typhoon della Raf decollati da Cipro.
Il ministro della Difesa inglese Grant Shapps, ha detto che l’operazione è servita a «ridurre le scorte e la capacità di minacciare il commercio globale» degli Houthi. Dal 19 novembre scorso infatti i ribelli yemeniti pro Hamas «controllati» dall’Iran, hanno attaccato almeno 33 navi da carico in navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, spingendo ben 14 compagnie di navigazione a interrompere le operazioni nella regione con aggravio di tempi e costi della navigazione. «Il Regno Unito non esiterà a rispondere nuovamente con un’azione militare se continueranno gli attacchi dei ribelli», ha tuonato il premier britannico Rishi Sunak alla Camera dei Comuni.
Anche il ministro della Difesa David Cameron ha mostrato i denti, spiegando che «Londra ha inviato il messaggio più chiaro possibile ad attacchi inaccettabili», dicendosi pronto a continuare con azioni militari.
Il portavoce degli Houthi Yahya Sare’e, nell’accusare Usa e Regno Unito di aver lanciato 18 attacchi aerei solo nelle ultime ore, torna a minacciare: «Questi attacchi non passeranno impuniti». Il movimento ha anche deciso che i dipendenti Onu con nazionalità britannica e statunitense hanno tempo fino al 20 febbraio per lasciare lo Yemen. Mala minaccia che più preoccupa per le potenziali conseguenze è quella che arriva dall’Iran, grande manovratore della rivolta Houthi, sulla scia del conflitto mediorientale.
«I bombardamenti in Yemen sono un errore strategico», attacca il ministro degli Esteri di Teheran Hosein Amirabdollahian. «Abbiamo inviato un messaggio serio e un avvertimento agli americani. Le loro azioni rappresentano una minaccia per la pace e la sicurezza nella regione», ha detto. Mentre l’Egitto, in una dichiarazione congiunta con l’Ue, ribadisce «l’importanza di preservare i diritti e le libertà di navigazione in conformità con il diritto internazionale». Una porzione di mondo ora più che mai polveriera. Di fatto un nuovo fronte di quella guerra mondiale a pezzi che fa tremare l’Occidente.