Lettera al tifoso razzista: ecco cosa non è lo sport

Insulti razzisti a Maignan, ricorso dell'Udinese accolto in parte

Gentile tifoso (si fa per dire…),

Mike Maignan sostiene – e non abbiamo motivo di dubitare – che sabato scorso a Udine tu stessi guardando la partita in curva a pochi metri da lui: una distanza tanto ridotta che gli ha consentito di vederti non solo in faccia, ma anche di comprendere che al tuo fianco c’era un bambino. Se il ragazzino fosse tuo figlio, tuo nipote o solo un baby spettatore a te estraneo (per sua fortuna), conta poco. Sta di fatto che tu hai pensato «bene» di dargli il «buon esempio». Come? Vomitando dall’inizio alla fine della partita urla razziste contro il portiere milanista imitando, ad abundantiam, le movenze della scimmia: pantomima in cui eccelli, considerato il tuo animo bestiale. Non hai smesso neanche quando l’altoparlante ha invitato il pubblico ad «astenersi da atteggiamenti di discriminazione razziale»; non hai smesso quando il portiere milanista ha abbandonato il campo per protesta; e non hai smesso – anzi ti sei ulteriormente «esaltato – quando la tua squadra del cuore (ammesso che tu ce l’abbia, un cuore) subito dopo il rientro di Maignan ha momentaneamente pareggiato. Non so se tu sia davvero un razzista o un disgraziato incapace di cogliere la differenza tra un «normale» sfottò da curva e il più infame degli insulti razzisti. Ieri sei stato individuato: il Daspo e l’Udinese non ti permetteranno più di entrare in uno stadio. Un sollievo per tutti. Pure per quel bambino costretto ad assistere alla tua vergognosa performance. Magari nella convinzione di essere figo. Povero te. Eppure ti dobbiamo un «grazie»: col tuo comportamento ci ha dimostrato tutto ciò che non è lo sport. E, senza di te, la curva sarà migliore. Forse.

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